Ci sono due novità, nell’inchiesta sulle percosse subite la notte del 25 dicembre dalla giornalista Tetiana Chornovol, da sempre impegnata, non solo con i suoi articoli, ma anche in piazza, in prima persona, contro Viktor Yanukovich e il suo Partito delle regioni. La prima riguarda l’arresto di uno dei cinque sospettati. L’uomo, la cui identità non è stata ancora rivelata, ha confessato di essere stato uno degli autori del pestaggio. La seconda ha a che fare con il possibile legame di Vitali Klitschko – capo del partito centrista Udar – e di suo fratello Ivan, anch’egli pugile, anch’egli politicamente impegnato, con un altro dei sospettati: Oleksandr Kotenko.
Tra le due, s’intuisce, è quest’ultima a essere decisamente più rilevante. Si ritiene infatti che in passato, ha riferito Mykola Chynchyn, capo degli investigatori del ministero dell’Interno che indagano sul caso Chornovol, Kotenko sia stato affiliato al gruppo mafioso di Boris Savlokhov (deceduto nel 2004), a sua volta associato in affari con un’organizzazione criminale ancora più influente: quella retta da Viktor Rybalko, ucciso nel 2005.

Le botte a una giornalista, le vicende dell’underworld ucraino, le presunte amicizie tra i criminali e un politico di primo piano dell’opposizione: per molti l’impressione, anche sulla scorta della storia della giustizia ucraina, spesso pilotata, è che si stia cercando di rovesciare la prima narrazione – Yanukovich era stato bollato come il mandante morale del pestaggio – e di costruirne una alternativa, trascinandoci dentro l’unico politico che, secondo gli osservatori, potrebbe seriamente impensierire Yanukovich alle presidenziali di inizio 2015. Klitschko, da parte sua, ha tagliato corto, dicendo che questa è una messinscena, una provocazione.
Il numero uno di Udar, in ogni caso, non è l’unico membro dell’opposizione finito in questo canovaccio. Volodymyr Polochaninov, deputato di Patria, il partito di Yulia Tymoshenko, avrebbe dei contatti con Andriy Nasikovsky, un altro dei sospettati del pestaggio della Chornovol, assieme a Olekandr Khramtsov, Oleksandr Kotenko e suo fratello Serhiy, che fino allo scorso luglio ha detenuto una quota del pacchetto azionario di TVi, un’emittente famosa per le sue inchieste sulla corruzione e finita in aprile sotto il controllo di un nuovo editore, sgradito a mezza redazione. Gli investigatori hanno comunicato che altri tre tesserati di Udar e due ex esponenti del Partito delle regioni, usciti dal gruppo a fine novembre, dopo l’uso della forza contro i manifestati di Kiev, sarebbero legati agli autori del fattaccio del 25 dicembre. Che, sulle prime, aveva ridato slancio alla piazza contro Yanukovich.
A prescindere da come si evolverà l’inchiesta, si ha comunque la sensazione che le proteste stiano calando di intensità, per una questione fisiologica (alla lunga stare in piazza stanca) e perché il patto tra Putin e Yanukovich – cash più gas offerto dal Cremlino a Kiev e la fine momentanea dell’incubo bancarotta (Standard & Poor’s ha persino alzato la valutazione sull’Ucraina) – ha tolto munizioni ai manifestanti.

Questo non significa che l’opposizione abbia rinunciato a farsi sentire, ma pare in corso un cambio di tattica. Dalle prove di forza a Kiev si sta cercando di passare a un’azione su tutto il territorio. Venerdì, nella capitale, c’è stata una riunione di attivisti di tutte le città dove si sono registrate proteste. Città dell’ovest, tradizionalmente più orientate verso la prospettiva europea e centri urbani dell’est, dove Yanukovich ha il suo bacino elettorale. In quell’occasione s’è deciso tenere una prima conferenza ufficiale di questi movimenti l’11 e il 12 gennaio. Il posto prescelto è Kharkiv, sul versante orientale del paese. Lì Yulia Tymoshenko sta scontando la sua condanna.