Arrestata per aver diffuso informazioni false e aver seminato il panico. E’ quanto accaduto alla giornalista serba Ana Lalic che in un articolo apparso sul portale d’informazione Nova.rs aveva denunciato le condizioni in cui è costretto a lavorare il personale sanitario impegnato nella lotta al Coronavirus nel Centro clinico della Vojvodina a Novi Sad, città della Serbia nordoccidentale. Lalic aveva riportato le testimonianze di medici e infermieri della struttura ospedaliera dove sono ricoverati 54 malati di Covid-19, che lamentavano la mancanza «cronica» di dispositivi di protezione per il personale e una gestione dell’emergenza più improntata all’improvvisazione che all’organizzazione. Una ricostruzione falsa e non verificata, secondo il Centro clinico della Vojvodina che in un comunicato stampa aveva spiegato di aver informato la Procura la quale ha poi disposto un fermo di 48 ore della giornalista. Nella serata di mercoledì degli agenti di polizia hanno prelevato Ana Lalic, perquisito il suo appartamento e sequestrato il portatile e i telefoni.

L’arresto è stato effettuato in conformità con un provvedimento in vigore da martedì scorso che centralizza l’informazione relativa all’emergenza coronavirus e impone il divieto ad autorità locali e istituzioni sanitarie di diffondere notizie. «Tutti gli annunci pubblici, si legge nella disposizione del governo, sono dati dal primo ministro o da persone autorizzate dall’unità di crisi».

Dura la reazione delle associazioni di categorie e delle opposizioni che hanno richiesto il rilascio immediato della giornalista e il ritiro del provvedimento che secondo il presidente dell’Associazione dei giornalisti indipendenti (Nuns), Zeljko Bodrozic rappresenta una violazione del diritto all’informazione garantito dalla Costituzione.
In giornata la procura ha fatto marcia indietro e ha disposto il rilascio di Lalic che su Nova.rs commenta: «Non mi sono mai pentita nemmeno per un istante di aver scritto quell’articolo, sono sicura che siamo sulla strada giusta, lo vedo dalla reazione dei medici».

Ma la procura non è la sola ad aver fatto marcia indietro. In giornata la premier serba Ana Brnabic ha annunciato il ritiro del provvedimento su «espressa richiesta» del presidente serbo, Aleksandar Vucic. «E’ stata una mia stupidaggine – ha spiegato la premier – ed è colpa mia se lo abbiamo approvato, è stata una mia stupidaggine non averlo spiegato e aver gettato un’ombra sul lavoro fatto finora».

Sulla questione era intervenuto anche Harlem Desir, rappresentante per la libertà dei media dell’Osce, che in un tweet si è detto «allarmato» per l’arresto della giornalista. «Nonostante sia stata rilasciata – ha scritto Desir – è molto problematico il fatto che la polizia abbia sequestrato il suo computer e i telefoni cellulari. I giornalisti devono essere in grado di svolgere il proprio lavoro liberamente».

Secondo il rapporto dell’Ong Freedom House la libertà di stampa in Serbia ha conosciuto nell’ultimo anno uno dei più forti «cali» in Europa, perdendo 12 posizioni e classificandosi al 66esimo posto su 195, poco distante dall’Ungheria, al 70esimo.