Questo pianeta ha necessità di giovani come Greta Thunberg. Esse non possono venire al mondo senza il sostrato ineludibile costituito dagli studi, dalle fatiche puntuali, dalla passione che permea tutta una vita di ricerche che uomini come Giorgio Nebbia hanno condotto. Entusiasmo che contagia, capacità comunicativa, essere un vulcano moltiplicatore delle buone teorie ed idee che a dismisura divulgate possono scatenare movimenti, è la chiave per aggregare e mobilitare, suscitare quel lievito di vita che invoca e può imporre il cambiamento. Giorgio Nebbia in Italia, con Laura Conti, Robert Dumont in Francia, Robert Jungk in Germania, Barry Commoner negli Usa, sono solo alcuni degli scienziati che hanno profondamente smosso il mondo intellettuale ed hanno saputo conquistare per le scienze dell’ecologia un posto di preminenza.

A sua volta, Giorgio Nebbia, si sentiva debitore e parte del contributo di questa nuova koinè internazionale di studiosi che nell’ecologia hanno visto la chiave di svolta per arrestare la catastrofe ambientale, climatica, planetaria, imminente. Ha scritto pagine forti contro quella che definiva «l’ecologia delle contesse», quell’ecologismo da salotto o da pochi presunti illuminati che non sanno cogliere il nesso tra l’impatto anche immediatamente doloroso nella vita degli uomini, degli operai, di noi tutti in quanto consumatori, e quanto sta sconvolgendo con l’immissione di nuove sostanze chimiche cancerogene o comunque pericolose nel nostro cibo, in quello che mangiamo e che respiriamo ogni giorno. Gli sono grato, in modo particolare, per avere ricordato, nella sua rubrica Naturalmente!, Dario Paccino. E’ stato il punto di riferimento di un’area antinucleare ed antimperialista importante in questo paese, quell’area che ha lottato duramente contro la centrale nucleare di Montalto di Castro, che si è battuta contro l’insediamento dei missili a Comiso.

Gli sono grato per un articolo da tenere a mente, un contributo monografico sulle virtù dell’acacia. Se per gli ecologisti da salotto l’acacia è un’essenza «aliena», una infestante da eradicare in quanto non autoctona, Giorgio Nebbia ne ha scritto un’apologia che sentiamo di condividere. Quale sarebbe l’alternativa, su quei terreni abbandonati, attraversati dagli incendi, franati, se non giungessero i semi fertilissimi di questa leguminosa miracolosa? Quanto costerebbe il doveroso rimboschimento? Le acacie, quelle robinie tanto care al Re di Francia ed al suo giardiniere, Jean Robin, e predilette dal nostro Alessandro Manzoni, hanno il pregio di essere , appunto, delle leguminose, quindi di fissare l’azoto nel terreno, di crescere rapidamente, di costituire un mantello vegetale necessario e quindi franare ulteriore erosione, erosione che è colpevole di frane e smottamenti. Giorgio Nebbia ne esaltava tutte queste virtù non trascurando i fiori altamente melliferi, il legname, ottimo per innumerevoli usi. Concludeva, e sorridiamo, che «hanno le spine», e meno male, caro Giorgio, le «contesse ecologiste da salotto» – detto senza acrimonia, anzi – debbono pur pungersi, e lasciare il posto alle giovani e combattive come Greta Thunberg. Che la terra ti sia lieve, caro Giorgio, vecchia quercia, hai difeso e permesso anche la nascita del nostro pensiero radicale e combattivo nel Fronte degli Orti, te ne siamo grati.