Una barca da pesca è poco distante dal luogo del naufragio e accoglie a bordo gli unici superstiti, un vigoroso, giovane uomo e sua madre. Una volta rientrati in porto, i pescatori non esitano a vendere come schiavi i due naufraghi, spogliati delle collane e degli anelli d’oro che avevano indosso, a certi commercianti spagnoli. Il naufragio della leggera imbarcazione è avvenuto in un braccio di mare esposto ad improvvisi fortunali, tra due isole minori dell’arcipelago delle Filippine, forse nell’autunno del 1687.

Dopo molte traversie, nel 1690, i due schiavi passano a William Dampier, il celebre navigatore inglese, che questa storia ci narra nel suo Nuovo viaggio attorno al mondo pubblicato nel 1697. Impariamo che Giolo è il nome del giovane e che la madre morirà di vaiolo a Fort Saint George. Poi Dampier ci rivela che Giolo è il principe ereditario del regno di Meangis. Una incisione datata 1697, tirata a Londra, ci conserva l’effigie del principe Giolo “figlio del Re di Meangis o Gilolo, isola – si legge nella accurata didascalia – che giace sotto l’Equatore, alla longitudine di 152.30 gradi.

Un’isola ferace, abbondante di ricche spezie e di altri apprezzabili prodotti”. È il ritratto di un uomo aitante che si mostra nudo, appena cinto da un ricco perizoma, in tutta la sua avvenenza. Nello sfondo, due palmizi crescono verso un cielo di nubi che veleggiano su un ampio territorio di basse colline digradanti verso il mare. I nobili piedi nudi poggiano sull’erba dove serpenti, assai numerosi, strisciano e si attorcigliano a un tronco e scorpioni e varani si muovono adagio, in vigili ronde. Ma il principe Giolo non sembra darsene pensiero. Egli si mostra, immune ad ogni veleno, sicuro e regale. Osserviamo attentamente le linee serpentine ed arcuate impresse sugli aristocratici polpacci: esse ci dicono che, sulla sua pelle, ancestrali rettili e ataviche pinze ricurve stanno a presidio della sua integrità. Così le forti cosce sono completamente tracciate dai disegni di ampie ali: daranno alla sua corsa la velocità del vento. Il torace possente accoglie, in simmetrie perfette che salgono dai fianchi, i segni indelebili di una lorica a fasciare stretta la muscolatura scultorea di Giolo in un intarsio di losanghe e scacchi. Il principe ci guarda, mentre con la mano destra pare accennare al regno che si estende alle sue spalle. Le sue braccia, dal polso al gomito, sono decorate da regolari anelli e i bicipiti protetti da fitte strisce accostate, minutamente embricate.

Nella didascalia che illustra l’immagine incisa si legge che la pittura è così durevole che non potrà essere tolta via da nessun solvente e mai potrà essere appannata la sua bellezza. È tale il risultato indistruttibile che si ottiene estraendo una speciale tinta dal succo di certe erbe e piante, tipiche di quel paese. Gli abitanti stimano quegli inchiostri infallibili, capaci di preservare il corpo umano da ogni mortale veleno e di rendere innocuo il morso di ogni creatura velenosa, tra quante vivono sulla terra. Apprendiamo che sono autorizzati, a esser dipinti con quelle essenze, solo i membri della famiglia reale, come Giolo. “The Painted Prince” lo chiama Dampier che, fatto ritorno in Europa, lo esibisce a pagamento, forse il primo corpo completamente tatuato offerto allo stupore dei londinesi. “Questo famoso principe dipinto è la meraviglia dell’epoca. Questa ammirevole persona ha ora circa trent’anni. Gradevole e ben proporzionato in ogni parte del corpo, estremamente modesto e civile, accurato e netto. Ma il suo linguaggio non è capito. Né lui sa parlare inglese”.