Fatta la festa gabbatu lu santu. Un anno fa di questi tempi il governo prometteva mari e monti per il porto di Gioia Tauro, uno degli hub commerciali più grandi del Mediterraneo. In ballo c’era la grana dell’arsenale chimico siriano che Nato e Usa avevano affidato all’Italia. Nonostante le proteste della popolazione il transhipment fu effettuato dai lavoratori senza danni all’ecosistema. Da allora il governo è scomparso. «E chi li ha visti più?» esclama Carmelo Cozza tra i leader dei portuali gioiesi, esponente del Sul, il sindacato autonomo più rappresentativo a Gioia e in tutti gli altri porti calabresi.

La situazione nell’hub è drammatica. Il più importante polo produttivo calabrese, e snodo essenziale nella logistica del Mediterraneo, è lasciato marcire da proprietà e istituzioni. «Quel che sta accadendo nelle ultime settimane ha davvero del paradossale. Da una parte le istituzioni e il terminalista promettono sviluppo e progresso, dall’altra i numeri raccontano un’altra storia: il lavoro diminuisce, i servizi di contenitori vengono eliminati e la cassa integrazione aumenta con il serio rischio di un ridimensionamento complessivo dell’occupazione al termine dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali». Qui a Gioia Tauro la regola è il monopolio: ci si è consegnati a un solo cliente, la Msc di Aponte, da qualche giorno anche proprietaria della metà del terminalista, visto che Maersk ha venduto tutte le quote azionarie in suo possesso. Il porto di Gioia si sta spegnendo come una candela. Cassa integrazione a oltranza, traffici dirottati, perdite di linee di navigazione, numero di container ridotti ai minimi storici, esuberi, licenziamenti. Un declino inesorabile di un porto di preminente interesse mondiale.

E così i lavoratori oggi invaderanno le banchine per uno sciopero che si preannuncia di massa. Oggi il porto si ferma. Nonostante il boicottaggio di Cgil, Cisl e Uil che peraltro non hanno mai avuto tanto seguito nello scalo calabrese. «Se i lavoratori non verranno ascoltati, sarà l’inizio di una lunga serie di azioni di mobilitazione», conclude Cozza.
Appuntamento alle 11 per difendere il diritto al lavoro. Perché si comprenda che dallo sviluppo del porto di Gioia Tauro passa lo sviluppo dell’intera Calabria.