La partecipazione di Tehran è fondamentale per accrescere le modeste possibilità di successo della conferenza di Ginevra 2. E’ apparso evidente ieri. Intervendo al Forum economico mondiale di Davos, sempre in Svizzera, Hassan Rowhani, presidente dell’Iran stretto alleato di Damasco, si è espresso per l’organizzazione di «libere e democratiche elezioni» in Siria. «Nessuno da fuori può decidere il futuro della Siria…tutti lavorino insieme per sconfiggere il terrorismo». Mercoledì Rowhani aveva detto «Se Ginevra 2 dovesse contribuire a portare pace e stabilità al popolo siriano e nella regione, l’Iran sarà felice di questo risultato».

L’Iran invece è stato tenuto lontano dagli incontri a Montreux, ufficialmente perchè non ha accettato le conclusioni di Ginevra 1 che escludono il presidente Bashar Assad da una possibile transizione politica volta a mettere fine – è una illusione più che una speranza – alla guerra civile siriana. In realtà Tehran è stata tenuta fuori – su pressione di Stati Uniti, Arabia saudita e Coalizione nazionale dell’opposizione siriana – perchè centinaia forse migliaia di miliziani iraniani combattono al fianco dell’esercito governativo siriano. Vero, si parla dell’impiego anche di pasdaran. In Siria però combattono tutti, da una parte e dall’altra della barricata. Ci sono i jihadisti stranieri, provenienti da ogni parte del mondo, anche europei, pagati e armati da generosi donatori del Golfo mobilitati dal principe saudita e capo dell’intelligence Bandar bin Sultan. Ci sono i libanesi sunniti desiderosi di abbattere il potere dell’alawita (sciita) Assad. Ci sono i ceceni qaedisti passati attraverso la Turchia di Erdogan; c’è lo Stato Islamico in Iraq e Siria; ci sono gli sciiti di Hezbollah e i sadristi iracheni. Di tutto e di più. L’esclusione dell’Iran perciò è paradossale. In realtà gli Usa, che hanno imposto all’Onu di tenere fuori dalla porta l’Iran, hanno realizzato il desiderio degli alleati sauditi decisi a negare agli storici nemici “persiani e sciiti” un altro palcoscenico prestigioso e, quindi, un nuovo riconoscimento internazionale.

Dopo lo scambio di offese e accuse durissime tra le parti nel giorno dell’apertura della conferenza, ieri è stata un’altra giornata di tensione.Il mediatore delle Nazioni Unite e della Lega Araba per la Siria Lakhdar Brahimi ha incontrato a Ginevra i capi delle due delegazioni siriane, dell’opposizione, Ahmed Jarba, e del governo, il ministro degli esteri Walid Muallem. Incontri separati per preparare l’avvio oggi dei negoziati veri e propri. Il clima resta difficile. Un membro della delegazione dell’opposizione, Bahra Hadi, ha accusato i delegati governativi di essere dei «mafiosi». A Damasco, la stampa ufficiale si è scagliata contro gli avversari. «Durante la sessione di apertura , i nemici del popolo e della Siria, guidati dal quartetto Usa-Francia- Arabia saudita e Turchia , hanno cercato di imporre la (loro) linea limitando le possibilità della Conferenza», ha scritto il giornale al-Baath del partito di governo, aggiungendo che «a Ginevra gli impostori sono stati esposti. Parlavano a favore del terrorismo all’interno di discorsi sulla giustizia e dei diritti umani». Pronta la replica della CN: «Il fatto che Assad prosegua la sua campagna di omicidi e di bombardamenti mostra che questo regime è quello di annullare tutte le iniziative una soluzione politica». Uno scambio di accuse che al momento sembra escludere la possibilità di formare un governo nazionale siriano con dentro esponenti del governo e dell’opposizione.

La mancanza di consenso su questa questione centrale, spinge occidentali, russi e Brahimi a puntare sulle questioni umanitarie, a cominciare da intese per l‘apertura di “corridoi umanitari”, e su misure volte ad alleviare le sofferenze della popolazione. Secondo il mediatore dell’Onu, le due delegazioni sembrano pronte a discutere la consegna degli aiuti umanitari, un cessate il fuoco nelle vicinanze e scambi di prigionieri. Tutto è ancora molto teorico. E qualsiasi decisione sarà presa potrebbe non trovare mai applicazione sul terreno. I combattimenti intanto continuano. Ieri il leader di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri , ha chiesto ai jihadisti di fermare “immediatamente” le lotte fratricide e di concentrarsi sulle truppe del regime di Assad.