Un personaggio multiforme come Gillo Dorfles è uno di quei personaggi dei quali viene istintivo parlare sempre al presente. È scomparso tre anni fa, ma la ricchezza e la vivacità della sua figura è stata tale da dar la sensazione di essere alle prese con un’intelligenza ancora all’opera.

È l’impressione che si ricava leggendo il piccolo libro Gillo Dorfles, vivere il presente osservando il futuro (Mimesis, pp. 82, euro 8) nel quale Fabio Francione, storico della cultura, ha raccolto una serie di annotazioni e divagazioni dedicate al protagonista (verrà presentato oggi, alle 18, all’Adi Design Museo nell’ambito di Bookcity).

È UN LIBRO NON A CASO tutto al presente, in cui non c’è un prima e un dopo, ma un continuum di idee, di pubblicazioni, di spunti che non calano di attualità e di interesse. È emblematica una situazione giustamente ripresa da Francione in queste sue pagine. Nel 1951 Dorfles, allora poco più che quarantenne, aveva preso parte al leggendario rendez-vous di tanti tra i più importanti architetti del mondo alla Triennale di Milano per esplorare il concetto di «proporzione» (le 30 relazioni sono state pubblicate qualche anno fa da Electa, a cura di Anna Cimoli e Fulvio Irace).

In quell’occasione Dorfles aveva detto la sua con una dichiarazione che è sintesi di tutto il suo modo di procedere: «Viviamo in mezzo all’approssimazione; diremmo quasi che senza approssimazione la nostra vita diventerebbe impossibile, e ancor di più la nostra arte». Approssimazione sta per quella fluidità che permette ai generi e ai linguaggi di contaminarsi in modo imprevisto. 65 anni dopo, nel 2016, Dorfles era ritornato su quella sua intuizione, con la nonchalance di chi non sente il peso del tempo. Insieme ad Aldo Colonnetti, all’interno della XXI Triennale aveva proposto una mostra intitolata La logica dell’approssimazione nell’arte e nella vita, che oggi continua a vivere grazie ai contributi raccolti nel ricco catalogo edito da Silvana. La sintesi di Dofles è che la dimensione estetica propria dell’espressione artistica è sempre in stretta relazione con il contenuto empirico delle cose.

Scrive Francione che «Dorfles ha attraversato il secolo breve e gli anni dieci del nuovo millennio, chiamati ’dell’approssimazione’ con la curiosità che l’ha sempre contraddistinto». È un atteggiamento critico che gli ha permesso di accostare alcuni delle situazioni più interessanti del secondo Novecento italiano senza mai entrare a far parte di nessuna consorteria.

TRA I RISVOLTI della sua personalità c’è anche l’attività originaria di medico psichiatra, testimoniata da una dozzina di disegni realizzati negli anni ’30, che erano stati riscoperti ed esposti in occasione di una mostra realizzata per i quarant’anni della Legge Basaglia. Francione stesso li aveva presentati a Casa Testori, affiancandoli con una serie di ritratti di anziane pazienti psichiatriche realizzati da Giovanni Testori.
Il libro si chiude con un «incidente» curioso: una presunta pagina facebook che lo scrittore avrebbe aperto all’età di 107 anni. In realtà si trattava di un «fake». Ma a leggere quei primi post pubblicati vien da pensare che nell’età dell’approssimazione quello poteva essere davvero uno sviluppo del Dorfles pensiero.