Sebbene non ci sia stato un vero e proprio lock down nell’arcipelago, e probabilmente non se ne vedrà uno anche se la situazione sta peggiorando, anche in Giappone gli spazi sociali ed il modo di relazionarsi delle persone si stanno fortemente modificando. I tradizionali festival estivi con i fuochi artificiali e le bancarelle ad esempio, eventi che spesso rappresentano un punto d’incontro per i più giovani, sono stati infatti quasi tutti cancellati, così come tutte le altre manifestazioni simili come i festival di musica che di solito punteggiano la calda stagione estiva nipponica. La musica è ancora oggi una delle attività capace di raggruppare persone e creare uno spazio di condivisione di corpi e di idee. Musica e politica si sono incrociati spesso ed in molti modi nel periodo post-bellico in Giappone, uno dei più originali ed interessanti è stato senza dubbio il fenomeno dell’ utagoe undo e degli utagoe kissa ad esso legato.
Il primo maggio del 1946 si svolge a Tokyo la prima festa dei lavoratori del dopoguerra, in questa occasione la musicista e compositrice Akiko Seki dirige alcuni canti legati alla protesta operaia e L’Internazionale, creando di fatto un movimento nazionale musicale della classe operaia, utagoe undo.

NEL 1953 viene organizzato, sempre a Tokyo, il primo festival nazionale del Nihon no utagoe, La voce canora del Giappone, movimento politico e sociale basato sulle attività musicali e corali della classe operaia, organizzate lungo tutto il territorio giapponese, nelle fabbriche o nelle miniere, nelle scuole o nelle zone dove di solito abitava la classe dei lavoratori. Sostenuto dal partito comunista giapponese, almeno lungo una parte della sua esistenza, il movimento non solo forniva un luogo di discussione e di svago in cui confrontarsi e scambiare le proprie idee, ma contribuì anche alla formazione di una coscienza di classe, anche attraverso la composizione di canti che mettevano in discussione le ragioni del capitale e mettevano a nudo i soprusi subiti dai lavoratori. Naturalmente il movimento era spesso in sintonia con i movimenti che scossero l’arcipelago nel dopoguerra, dalle lotte nelle miniere durante gli anni cinquanta alle proteste contro l’ANPO (il trattato di cooperazione mutua e di sicurezza tra gli Stati Uniti e il Giappone) nel 1960, anno cruciale per ciò che il Giappone sarebbe diventato nei decenni a venire. Uno dei luoghi in cui il movimento riuscì ad esprimersi con più compiutezza, nei suoi propositi di creare un fronte comune attraverso la musica, furono gli utagoe kissa. Caffè dove gli avventori cantavano tutti insieme.

QUESTI LOCALI diventarono popolari specialmente dagli anni cinquanta in poi, quando lavoratori ma anche simpatizzanti, studenti, o intellettuali si riunivano per cantare la loro protesta conto la guerra, lo sfruttamento delle masse o la rabbia contro la classe politica dominante. Questi locali, così come molti dei movimenti di sinistra dei decenni precedenti e più in generale l’interesse verso l’attivismo politico di molta parte della popolazione giapponese, cominciarono a scomparire dalla metà degli anni settanta in poi. Una delle conseguenze più macroscopiche di questo slittamento è che i caffè durante gli anni novanta lasciarono il posto ai più moderni karaoke, un passaggio che ben simbolizza la transizione da un’epoca politicamente e socialmente impegnata ad una decisamente più disinteressata verso queste tematiche. Resistono ancora oggi nella capitale giapponese alcuni di questi utagoe kissa, la memoria storica di un tempo importante e, benché meno frequentati di cinquanta anni fa, continuano ancora ad organizzare eventi e concerti, magari con una partecipazione più nostalgica di chi ha ormai i capelli bianchi.

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