Sull’isola di Odaiba, nella baia di Tokyo, il visitatore può farsi un’idea di quanto i robot siano parte integrante dell’immaginario collettivo circa il Paese-arcipelago.
Di fronte a un centro commerciale situato su questa striscia di terra reclamata al mare alla fine del XIX secolo, a protezione del porto della capitale – qui vennero infatti posizionate batterie di cannoni eliminate definitivamente solo negli anni ’70 del secolo scorso – si staglia un automa alto 18 metri.

Per gli appassionati di manga e anime giapponesi è una «volto noto». Si tratta di una riproduzione in scala 1:1 di uno dei modelli di robot protagonisti della popolare serie Gundam creata a fine anni ’70 da Yoshiyuki Tomino.

Eretto nel 2009 per il 30esimo anniversario della sua nascita, l’Rg1/1 Rx-78-2 nell’arco di qualche anno, potrebbe iniziare addirittura a muoversi. Questo almeno è il sogno dell’Associazione Gundam Global Challenge, che in vista del 40esimo compleanno di uno dei robot più famosi della cultura pop nipponica, sta raccogliendo proposte e progetti per «attivare» il gigante metallico.
Bisogna precisare che oggi, i robot umanoidi in Giappone sono già una realtà tangibile. Alcune grandi aziende giapponesi, come Softbank, leader della telefonia mobile, ci scommettono un discreto quantitativo di energie e capitali. L’accelerazione è stata data a marzo del 2012, quando l’azienda di Masayoshi Son ha annunciato l’acquisto della maggioranza delle azioni di Aldebaran Robotics, azienda francese leader del settore per circa 100 milioni di dollari.

In un colloquio con il Financial Times, Bruno Maisonnier, fondatore e amministratore dell’azienda parigina, ha espresso tutta la sua fiducia nelle possibilità di mercato dei robot: «Ci sarà un mercato nelle case di riposo con carenza di personale infermieristico. I robot potrebbero accompagnare i pazienti affetti da Alzheimer e aiutarli a ritrovare la strada verso le loro stanze».
Niente di più adatto al Giappone di oggi e, soprattutto, di domani. L’intuizione di Son, presidente e ad di Softbank, nonché uomo più ricco del Giappone, potrebbe essere premiata. Anche in virtù del fatto che il Paese del Sol levante è già uno dei principali mercati per gli automi, con un giro d’affari stimato in quasi 8 miliardi e mezzo di dollari.

Son è uno che ha dimostrato di vederci parecchio lungo, quando si tratta di profitto. Quindici anni fa, fu tra i primi a scommettere sul «guru» dell’ecommerce cinese Jack Ma investendo 20 milioni nell’allora neonata Alibaba.

Non c’è solo intuito nella strategia di Sofbank. In un periodo in cui si iniziano a sentire i primi segni dell’invecchiamento a ritmi sostenuti del paese – la necessità di sostenere le cure dei cittadini più anziani e una cronica carenza di manodopera – i robot potrebbero rappresentare una soluzione ideale.

Anche in considerazione delle politiche restrittive sull’immigrazione: solo l’1,1 per cento della forza lavoro giapponese è costituita da stranieri, spesso reclutati in paesi come Cina, Vietnam e Filippine e assunti, ai limiti dello sfruttamento, come apprendisti con stipendi da fame e nessuna garanzia.

Un recente studio dell’Istituto nazionale per le ricerche sulla popolazione e la previdenza sociale di Tokyo ha dimostrato che entro il 2060 la popolazione giapponese – che oggi conta 128 milioni di persone – potrebbe ridursi di un terzo, con gli ultrasessantenni a costituire oltre il 40 per cento della popolazione totale.

Un altro studio scientifico ha stimato che nei prossimi dieci anni un 65enne su cinque sarà affetto da demenza senile per arrivare a uno su tre nel giro di poco più di 40 anni. Con ripercussioni imponenti sulla spesa pubblica e sull’intero sistema produttivo giapponese: sono più di 5 milioni di lavoratori con oltre 65 anni ancora in attività una vera e propria «bomba ad orologeria» – per citare un articolo pubblicato tempo fa da Bloomberg – per il sistema pensionistico nazionale.

Studi più recenti dell’Università del Kyushu – nel sud del Giappone – hanno rilevato inoltre che nei prossimi dieci anni un giapponese su cinque tra i 65enni sarà affetto da demenza senile, addirittura uno su tre nel 2060. Non a caso il governo Abe ha predisposto una spesa record di 31,53 mila miliardi di yen (poco più di 230 miliardi di euro) per il budget dello Stato del 2015. Per ovviare alla proverbiale «freddezza» degli automi, a giugno 2014 Softbank e Aldebaran hanno presentato un modello in grado di interagire con le emozioni umane.

Pepper, questo il suo nome, sarà commercializzato il mese prossimo ed è dotato di un software per il riconoscimento facciale e un numero di video camere, sensori e registratori audio. Prezzo di mercato: circa duemila dollari.

«Il nostro obiettivo è sviluppare robot capaci di affezionarsi e in grado di far sorridere le persone», ha spiegato lo stesso Son durante la conferenza evento di presentazione del robot. Pochi mesi dopo Pepper ha trovato il suo primo ingaggio: vendere la macchine del caffé Nespresso in oltre mille punti vendita in tutto il Giappone.

Sempre targato Softbank-Aldebaran è Nao, l’androide che accoglierà i clienti delle filiali tokyoite della Mitsubishi Ufj, la prima banca giapponese. Programmato per rispondere in 19 lingue, il robot, alto poco meno di 60 cm, indicherà ai clienti della banca il bancomat o lo sportello giusto a cui rivolgersi per chiedere un mutuo.

«Nao è carino e amichevole, siamo sicuri che i nostri clienti lo adoreranno», ha spiegato il responsabile It di Mitsubishi Takuma Nomoto a Bloomberg. A seconda del feedback, la banca deciderà se aumentare il numero di Nao nelle sue filiali, con un occhio alle Olimpiadi del 2020 che porteranno, negli auspici del governo giapponese, un flusso ingente di turisti provenienti da tutto il mondo nel Paese-arcipelago.
Tra poco più di 6 anni, nemmeno l’offerta alberghiera potrà essere al di sotto delle aspettative. L’annuncio della prima banca del Giappone di impiego di robot in ausilio al personale umano delle sue filiali, arriva negli stessi giorni in cui l’azienda che gestisce il parco a tema Huis Ten Bosch, una ricostruzione di una città olandese nella provincia meridionale di Nagasaki, ha annunciato l’apertura per la prossima estate di un albergo quasi interamente gestito da automi.

Niente più chiavi da lasciare alla lobby, ma apertura delle stanze dopo una scansione facciale del cliente; staff in maggioranza robotico con il supporto di una decina di umani: così lo Henna Hotel (letteralmente lo «strano» hotel) si propone come una struttura all’avanguardia, impegnata a «sostenere l’evoluzione continua» dell’ospitalità alberghiera, nella massima efficienza e nella più totale sicurezza.

Cosa che, per qualcuno, solo l’assenza di umani può garantire.