I pompieri sono entrati in azione dopo il passo falso del Ddl scuola in commissione Affari Costituzionali in Senato. Una rediviva ministra dell’Istruzione Stefania Giannini ha interpretato il comune sentire dei renziani, categoria alla quale va ascritta dopo essere confluita nel Pd grazie ad una scissione dalla moribonda scelta civica montiana. Il voto determinante di Mario Mauro (Gal) sull’«incostituzionalità» della «Buona Scuola» è «stata una distrazione, assolutamente innocente da parte dei colleghi senatori». Dopo un’assenza dalla pubblica scena di qualche giorno, Giannini ha ribadito un solo concetto: la riforma va avanti ad ogni costo. Sorvolando sui «15 giorni» di consultazione nel Pd sulla scuola promessi da Renzi ha affermato «che i tempi devono essere strettissimi» e «l’approvazione sarà sicuramente rapida» perché devono essere assunti 100.701 precari. Torna a farsi sentire il ricatto posto all’inizio della brancaleonesca impresa sulla scuola: se il parlamento non vota la riforma sarà responsabile del precariato dei docenti. Tesi confermata dal sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi (Ncd): «Per chiudere in tempo occorre fare le corse».

A rassicurare un governo disorientato per la mancanza di numeri al Senato, è giunta la rassicurazione di «Area popolare» (Ncd+Udc) che ha escluso l’esistenza di «fronde» sul Ddl Scuola. Dunque, si va avanti, anche se la riforma al Senato è slittata ancora. Dopo due rinvii il parere della commissione Bilancio dovrebbe arrivare oggi, mentre lunedì prossimo si dovrebbe iniziare a votare in commissione Istruzione dove la maggioranza è in bilico per il ruolo dei centristi di Gal e il dissenso dei Dem critici Mineo e Tocci. Si va avanti a tentoni, e con il pallottoliere. Sotto silenzio è passata, al momento, la proposta delle minoranze Pd su un referendum tra gli iscritti al partito sulla riforma della Scuola. Un’ipotesi che potrebbe riempire di contenuti politici i 15 giorni di riflessione annunciati da Renzi, ma che presenta alcuni limiti. Non è affatto detto che Renzi l’appoggi, potrebbe trovarsi in casa un esito sorprendente. E non è detto che piaccia al possente movimento di opposizione cresciuto tra i sindacati e i docenti che eccede largamente il perimetro asfittico del Pd. Un doppio limite politico che cerca di conciliare l’estraneità di Renzi rispetto alla società in movimento e i sindacati e la necessità delle minoranze di riconquistare un ruolo dentro il partito, parlando all’esterno. La dichiarazione della ministra Giannini andrebbe intesa come una liquidazione di questa ipotesi.

Nei fatti è stata liquidata anche quella dello stralcio delle assunzioni dei precari dal Ddl, altra richiesta della minoranza Pd che chiede di «esaminare con più calma, ma comunque entro l’estate, il resto della legge». «Affinchè non sembri – ha detto Corradino Mineo – che la stabilizzazione dei precari sia moneta di scambio o strumento di pressione». Invece lo è, eccome. Quanto alla richiesta di allargare la platea dei docenti assunti, è stata esclusa da Francesca Puglisi (Pd): le risorse stanno scritte nella legge di stabilità che non si può o cambiare. Si farà finta di avere cambiato la contestata norma sul «preside manager» introducendo l’incarico a tempo: dopo sei anni dovrà cambiare scuola. Singolare la spiegazione per mantenere i poteri di chiamata diretta dei docenti da parte dei presidi. Per Puglisi servono per migliorare «i livelli di apprendimento e combattere la dispersione scolastica». Oltre al potere manageriale, gli viene dunque attribuito anche quello di pastore delle anime.

Sul fronte dello sciopero degli scrutini. L’adesione si conferma massiccia anche in Puglia, Sicilia e trentino, sostiene l’Anief. L’Usb scuola segnala che a Palermo sono stati bloccati gli scrutini nell’80% delle scuole. «Promuoveremo un referendum abrogativo se il testo del Ddl non cambierà – sostiene Rino Di Meglio (Gilda) -e ci rivolgeremo alla Corte Costituzionale». La paradossale indecisione frettolosa del governo in estate porterà il conflitto nelle scuole in autunno.