Politica

Gianluca Perilli: «Il M5S cambia affinché i principi diventino azioni»

Gianluca Perilli: «Il M5S cambia affinché i principi diventino azioni»Vito Crimi sul palco virtuale degli Stati generali M5S

Movimento 5 Stelle L’ex capogruppo al senato: «Il vincolo dei due mandati è un principio superiore»

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 17 novembre 2020

I 5 Stelle si avviano a diventare un partito? Gianluca Perilli, fino a un paio di settimane fa capogruppo al senato del M5S oltre che grillino della prima ora, non è d’accordo. «Se con partito intendiamo che ad opinioni diverse corrispondono correnti, non è il nostro caso – dice – Le idee che si sono confrontate sabato e domenica sono state portate dalle persone chiaramente. I partiti arrivano ai congressi in situazioni cristallizzate. Siamo arrivati agli Stati generali seguendo un percorso lineare e un dibattito finale schietto e trasparente».

Tra le novità degli Stati generali c’è quella di investire sul radicamento territoriale.

È una necessità, dettata anche dai risultati delle amministrative. La presenza sul territorio deve essere riconoscibile. Il web è la nostra sede naturale, ma è importante anche avere delle sedi soprattutto nei luoghi più decentrati. Per motivi logistici e comunicativi. Nei partiti la sezione corrisponde a una gerarchizzazione, per ogni sede c’è un dirigente. Non sarà così per il M5S.

Ciò rimanda alla questione, da voi molto dibattuta, dei costi della politica. Come si finanzieranno le strutture locali? Accederete al 2 per mille?

Le nostre regole già prevedono che ci si possa avvalere di donazioni. Ma occorre trovare un sistema più capillare. Su questo c’è stata una grande discussione regione per regione, poi ripresa dai 305 delegati nei gruppi di lavoro.

Il tetto dei due mandati elettorali resta in vigore? La decisione è presa?

È uno di quei principi superiori che abbiamo deciso di non toccare, anche se nella discussione era emersa l’esigenza di salvaguardare le esperienze e le competenze acquisite in questi anni.

Significa che lei altri esponenti di primo piano tornerete a fare i semplici militanti?

Dai tavoli di lavoro è emerso che affiancheremo le nuove leve, per formazione e orientamento. Nulla andrà perduto.

Come cambierà il rapporto con Rousseau?

Davide Casaleggio sa che il nostro sistema operativo deve tenere conto dell’evoluzione interna dei rapporti mantenendo saldi i principi. Faremo un bilancio ma non è il momento di irrigidirsi: occorre una certa elasticità nel contemplare i rapporti in una dinamica fluida come la nostra.

Al vostro interno il linguaggio di chi sta al governo, e dunque tiene conto di alcune compatibilità, si confronta (e si scontra) con quello che usavate nella fase precedente, che pure vi ha fatto diventare la prima forza politica.

Questa è la fotografia della situazione. Ma io penso che le due dimensioni non siano incompatibili. Bisogna tenere insieme i principi e le azioni. Potrebbe sembrare che le parole delle origini e quelle della fase attuale appartengano a due mondi lontani, ma non è così. Ha ragione Roberto Fico su questo punto: non è questione di puri e impuri ma di migliorarsi. Alessandro Di Battista fa richieste giuste, ma bisogna tenere presenti quelle cose in un contesto più generale.

Chi ha gestito l’organizzazione degli Stati generali ha cercato di evitare temi divisivi e prove di forza.

Sì, ma non manovrando dall’alto: non abbiamo evitato tesi di diverso timbro. Quando accadeva abbiamo lasciato che accadesse. Di Battista scrive su Facebook quello che pensa e poi viene a discuterne con gli altri.

E le alleanze? Qualcuno di voi chiedeva una scelta di campo precisa.

L’indicazione che viene dalla base è che le alleanze dipendano dal programma, basata su obiettivi come è successo sia nel caso del governo Conte 1 che del Conte 2. Quello è il minimo comune denominatore: il principio della pratica degli obiettivi. Vedremo se eventuali prossime consultazioni segneranno un avanzamento ulteriore.

In pochi anni di esistenza avete guadagnato centinaia di eletti. Correte il rischio di diventare una forza fatta soprattutto da gente che sta nelle istituzioni?

Non credo. In ogni caso con gli Stati generali abbiamo recuperato l’importanza di parlare con gli attivisti. Non sempre riusciamo a trasmettere le difficoltà di stare al governo o l’impegno profuso su temi che non fanno parte della comunicazione generale. D’altro canto a noi serve avere il polso continuo di quello che gli attivisti locali pensano e delle difficoltà che hanno. Chi è in prima linea vorrebbe avere canali diretti con gli eletti. E questa cosa non si può fare solo online.

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