Christine Dixie, To be King
Poesia in prosa? A leggere Via provinciale (Garzanti pp. 81, euro 16) una cosa è certa: i versi di Giampiero Neri procedono senza a capo, in forma personalissima.

Giampiero Neri è nome d’arte. Italia anni Cinquanta, e in famiglia i letterari sono due: i fratelli Giampiero e Giuseppe Pontiggia. Li unisce l’ammirazione per i grandi narratori dell’Ottocento e del Novecento. Nella biblioteca del padre Giampiero è attratto dai Ricordi entomologici del naturalista Jean-Henri Fabre e lo sguardo incantato da entomologo resterà in lui per sempre.

Poesia sarà una foglia, il movimento di un insetto, la figura di un uomo che cammina. E non secondarie, nella formazione, saranno le ore del dopolavoro trascorse sugli scritti di Lao Tzu: una misura ferma, antidoto al mutamento e al dolore.

A METÀ ANNI SETTANTA Neri affida la prima silloge a Guanda (L’aspetto occidentale del vestito) e dopo i fondamentali titoli per Mondadori, ora consegna a Garzanti Via provinciale, libro in cui torna ai luoghi della sua adolescenza: la vecchia scuola, l’Hotel Cavalieri, il professor Fumagalli, l’amico Nene, l’insegnante di musica. Tra le righe si incontrano Cechov, Fenoglio e Stendhal. E Henri-Jean Fabre, naturalmente, e qualche insetto, qualche cavalletta della specie comune. I versi vanno a fine riga: in fondo si tratta sempre e solo di cercare l’inizio, l’istante. Riflettere sì, ma non troppo: il tempo fugge ed è sempre una sconfitta: «Chi riflette appartiene agli sconfitti: Sulla sconfitta si riflette e nella vittoria si festeggia». E intorno allo sconfitto la memoria crea un avamposto in cui si vive da meravigliati.

La poesia di Neri è qualcosa di immenso che accade in qualcosa di piccolo, sotto lo sguardo di un osservatore. Tutto è fermo nel ricordo, ma ecco, lo zampettare di un insetto, e la campagna, il paese, la città, l’ufficio: l’essere umano è salvo. Fino al Bar Bosisio, fino alla scuola Sulla via provinciale. Tu guarda, dice il poeta, e nel descrivere, non fare il furbo: il gesto dell’abbellimento trasforma ciò che è in atto in una rovina.

LA POETICA DI NERI è chiara: la poesia non si fa con la poesia. La poesia è l’ingresso in aula del professor Fumagalli, o una donna sdraiata in un giardino, cioè la badante ucraina del vicino, scesa a prendere il sole. La poesia si fa con il giorno che si apre e poi si chiude, si fa con la violenza della storia, che si apre e poi si chiude, come una guerra, come una notizia. Anzi, è una notizia. Come quando si scendeva all’edicola: «era il 25 luglio del ’43. Anche noi prendemmo il giornale».