A poche ore dalla notte di san Silvestro è esploso un ordigno nella nuova residenza dell’ambasciatore palestinese Jamal Al-Jamal, che stava traslocando con la sua famiglia nel nuovo appartamento situato a Suchdol, uno dei quartieri residenziali di Praga. Il diplomatico, arrivato a Praga soltanto in ottobre 2013, è morto poche ore dopo il ricovero. Indenni gli altri membri della sua famiglia presenti nell’appartamento.

La dinamica dell’esplosione non è stata ancora confermata ma alcune fonti della polizia parlano di una cassetta di sicurezza esplosa nel momento in cui Jamal Al-Jamal tentava di aprirla. Secondo questa versione la cassetta proveniva dalla sede dell’ambasciata e la vittima non avrebbe prestato attenzione a un dispositivo di sicurezza contenuto al suo interno. Verso sera è stata infine organizzata l’evacuazione di alcune abitazioni limitrofe al luogo dell’esplosione, in quanto all’interno della villa sarebbero stati trovati (a più di sei-sette ore dall’arrivo delle forze dell’ordine) dei nuovi ordigni. Una notizia diffusa dal sindaco di Praga Tomas Hudecek, ma che nel momento in cui scriviamo non ha ancora ricevuto conferma.

Fonti del governo ceco hanno poi smentito che l’esplosione sia riconducibile a una pista terroristica, affermazioni che sembrano decisamente premature e preconcette a indagini appena iniziate. Nonostante i rumor e le prese di posizione non ufficiali del governo, la dinamica dell’esplosione rimane ancora tutta da decifrare e analizzare.

Il silenzio ufficiale dei massimi vertici della politica e del governo ceco dopo il decesso del massimo rappresentante palestinese in Repubblica Ceca, mostra appieno l’imbarazzo con cui viene vissuta la rappresentanza dell’Anp nel Paese. Fin dall’inizio degli anni ’90 la politica estera dei governi cechi si è contraddistinta per uno spiccato orientamento pro-israeliano. Di qualunque colore politico fosse il governo di turno, i premier e i ministri degli esteri sono stati sempre ricevuti con i massimi onori a Tel Aviv e la Repubblica Ceca rappresenta uno degli alleati più fedeli dello Stato ebraico.

La tendenza pro-israeliana si è ulteriormente rafforzata negli ultimi due anni. La Repubblica Ceca è stata infatti l’unico Paese membro dell’Ue a votare nel 2012 contro l’adesione dello Stato Palestinese all’Onu, mentre il presidente della Repubblica Milos Zeman è conosciuto per il suo forte sentimento anti-islamico, che lo ha portato a dire in diverse occasioni di considerare Yassir Arafat alla stregua di Adolf Hitler.

Infine Praga è stata negli ultimi anni al centro di diverse operazioni di intelligence e di mistificazione legate allo scacchiere mediorientale. L’episodio più noto è senz’altro il falso incontro tra il chargé d’affaire iracheno a Praga e uno degli attentatori alle Torri Gemelle Mohamed Atta sulla possibilità di cedere ad Al-Qaeda le armi chimiche possedute da Saddam Hussein. La notizia, costruita in collaborazione con i servizi di sicurezza cechi, era stata divulgata a livello internazionale per dimostrare il presunto legame tra il governo iracheno di allora e Al-Qaeda, giustificando così l’invasione del 2003. Grazie al radicato orientamento pro-israeliano del governo ceco e degli apparati di sicurezza locali, Praga è un terreno propizio per episodi di guerra sporca o per operazioni sotto falsa bandiera.