Il tramonto su Monte Mario, i platani che si inchinano a sua maestà il Tevere, mettici pure il sax di Stefano Di Battista e un gorgheggio di Nicky Nicolai, poesia purissima, sarebbe, se all’entrata del bellissimo Ponte della Musica, zona Flaminio, non ci fosse una montagna di macerie, un palazzo mezzo scaricato il 22 gennaio – il petroliere voleva farsi l’open space – e a giugno siamo ancora messi così, con le macchine che fanno lo slalom fra i calcinacci. È la politica, è Roma, è grande bellezza e grande bruttezza, «ho scelto io questo posto, è un ponte per unire una città strappata» urla dal palco un Roberto Giachetti emozionato e stremato per cinque mesi di inseguimento della favoritissima a 5 stelle. È stata tutta salita ma lui ha ancora fiato.

Il ponte si affolla lentamente, per la chiusura del candidato del Pd arrivano tante facce da rincuorare, vincere è una mission impossible, ma il candidato ha fatto il massimo. Ha lottato contro il passato che non passa del suo partito, contro il brutto ricordo della defenestrazione del sindaco (poi dal palco la dirà così: «quello che purtroppo è accaduto prima», «ma ora siamo un partito diverso»), contro quel malanimo da plebe di chi passa in un giorno dal bacio della pantofola ai fischi, contro la sacrosanta indignazione dei cittadini traditi («la rabbia non risolve», dice a loro), contro il sospetto appiccicoso lasciato dall’inchiesta Mafia Capitale e se anche alla fine del processo non sarà mafia è stata comunque un disastro.

Giachetti ci prova fino all’ultimo, dal palco attacca l’avversaria presa in castagna su una consulenza a una Asl. Alfonso Sabella – che è un possibile caposegreteria ma anche un magistrato, era il magistrato della caserma Bolzaneto nel 2001 – parla di «ipotesi di reato continuato di falso ideologico in atto pubblico», e di «avviso di garanzia come atto dovuto». Giachetti attacca: «La Raggi ha mentito e commesso un reato. E ci dicono onestà. Ora dovete spiegare che siete uguali a tutti gli altri». Si accalora, di rivolge direttamente a lei, «non sei in grado nemmeno di dire a chi vuoi intitolare una strada perché devi consultare la rete», «dici ’se mi arriva un avviso di garanzia sento i cittadini per sapere se mi devo dimettere’. E chi sarebbero questi cittadini? Quelli del blog di Grillo! Minchia!», «loro sono così, ci spiegano che noi facciamo schifo e loro sono belli, ma il problema è una città che deve ripartire perché sta al collasso, per questo servono la metropolitana, lo Stadio, le Olimpiadi». Ma le Olimpiadi – contestate dai 5 stelle, un pezzo di sinistra e radicali – si portano appresso lo scomodo l’endorsement di Franco Carraro, membro del comitato olimpico ma anche il «peggio sindaco» di Roma fin proprio quel ’93 in cui al Campidoglio arrivò Francesco Rutelli.

Arriva il ministro Gentiloni, c’è la sezione romana del parlamento, il commissario Orfini, l’ex assessore Causi, l’ex consigliere Umberto Marroni, ci sono anche il sottosegretario Claudio De Vincenti, il senatore Francesco Verducci, della minoranza c’è Gianni Cuperlo e Miguel Gotor. No, ovviamente D’Alema non c’è, Orfini per l’ennesima volta lo chiama in causa, «ha tempo fino a mezzanotte per dire che voterà Giachetti». Dei sondaggi non si parla, ma basterebbe ascoltare i tassisti per capire che l’onda anomala grillina sale. «Faremo il surf» rassicura Orfini. Anche le stelle sembrano aver girato le spalle al partito democratico, e infatti di star sul palco ne arrivano poche, Simona Izzo e Ricky Tognazzi, Boosta dei Subsonica, la sorpresa più bella è quella dei due figli di Giachetti – Stefano e Giulia, belli come il sole, belli come sono i figli – che si fanno un selfie con lui e con tutti i democratici, tutti con la stessa faccia che dice «servirebbe un miracolo». Giachetti si emoziona di nuovo, «non finirò mai di ringraziare tutti voi di questo lungo viaggio, della bellezza dello stare insieme, di qui comunque siamo in grado di ripartire» e quando dice «ripartire» dice anche che «questo è il futuro della città e il futuro del centrosinistra che è l’unico in grado di cambiare le cose». Poche anche ore prima ha annunciato che se vincerà alla comunicazione andrà Flavia Perina, «stimata professionista» ed ex deputata finiana. Prova fino all’ultimo a chiamare a rapporto «l’orgoglio dei romani, Roma deve tornare la straordinaria città che il mondo invidia», «una città per rinascere ha bisogno di sì e non solo di no». Ma il punto è capire a chi diranno sì, domenica, quel po’ di romani che – capoccioni, come la loro città – torneranno a votare.