È possibile contare il numero delle sedie che compaiono nelle stanze. E anche le stanze, tre o quattro, facilmente riconosci. Puoi distinguerle dagli impiantiti. Di marmo bianco e nero. Di mattonelle verdi e rosa. Ritrovi i battiscopa di maiolica bianca a figure azzurre. E le finestre con l’armatura di piombo. O a vetri colorati. Espandono la luce dalla parete sinistra. E alle pareti i quadri nelle cornici. Nera quella de La mezzana di Dirk van Baburen (una vecchia, la testa avvolta da un turbante chiaro, e una giovane che suona il liuto, allegra e discinta tra le braccia d’un prodigo cavaliere).

Di noce scuro quella di Cupido, che mostra la carta (vincente?) nei giochi d’amore, di Caesar van Everdingen. Brillanti d’oro e finemente operate le cornici dei piccoli paesaggi nei modi di Jan Wijnants, campagne ubertose e assolate. E le grandi carte geografiche: l’Europa e l’Olanda e la Frisia. Insomma: la mobilia e gli arredi, i tappeti e le brocche, gli scrigni sul tavolo e i cesti dell’appartamento in cui tutte le scene raffigurate hanno il loro svolgimento. Così accade, come capita, che in certe occasioni quelle sedie passino da una stanza all’altra. Almeno due con l’intaglio di teste di leone in porporina dorata nello schienale diritto, l’imbottitura di stoffa celeste fissata da borchie d’ottone. Un’altra tappezzata d’una tela grossa a fiori. E ancora due, seduta e spalliera forse in cuoio di Cordova impresso a losanghe.

E scorgi un virginale che si fregia del motto Musica letitiae comes, medicina dolorum (“la musica compagna della letizia, balsamo dei dolori”) e una spinetta con il coperchio alzato, l’interno decorato con una veduta di campagne ubertose: cieli, alberi, coltivi. Appoggiata una viola da gamba. E un liuto, ché quelle stanze accolgono concerti a due e a tre, ed esecuzioni di assolo al virginale. Siamo ospiti in questo appartamento. Ne conosciamo gli ambienti e ci muoviamo anche noi da una stanza all’altra ascoltando le musiche che si diffondono mentre osserviamo i bei quadri.

A nostra volta, ci sediamo sui seggioloni celesti, in piena dimestichezza, ormai, con la famiglia che ci ha accolto cordialmente. Dei suoi componenti non si dice, ora. Segnaliamo solo la giacca giallo limone bordata di ermellino indossata da una fanciulla. Ora si intende mostrare come si possa abitare la dimora dove soggiorniamo. Qui, in questi ricchi ambienti della casa di Maria Thins, a Delft, nei diciott’anni che vanno dal 1653 al 1675.

Con Maria abita la figlia Catharina Bolnes e suo marito, Johannes Vermeer, decano della gilda di San Luca. Sono i suoi dipinti che ci hanno aperto la casa. Johannes, pittore misterioso. Siamo con lui tra le mura domestiche a nostro agio, ma non ci partecipa che pochi tratti della sua vita. Enigma Vermeer. Sciarada Vermeer. Per quanto attiene alla delineazione di una biografia ‘coerente’ un primo incaglio: sotto il nome Vermeer i documenti potrebbero accogliere almeno due individualità. Donde equivoci. In rapporto alla sua formazione d’artista, apprendistato ecc. notizie prossime alla illazione.

Assume una qualche evidenza l’ambiente, il milieu di minuti mercanti di arredi d’arte e di quadri, privi di scrupoli, noti al contenzioso di beghe in tribunale. Un campo poco fertile se non arido al tutto per chi vi coltivi il frutto critico relativo a l’opera sua di pittore o – diciamo bene – un giudizio sulle trenta (una più una meno) tele che offrono elementi indubbi d’esser state realizzate da una unica mano. Un paradosso. La sua pittura ci partecipa una intimità con la vita dell’autore come forse nessun altro artista consente. Ma nulla o quasi, per documenti e testimonianze, della sua vita sappiamo.

Così si può affermare che tutta la vita di Vermeer è nell’opera sua: intendo dire nella tonalità integralmente quotidiana della sua pittura. Gli spazi di quella casa scandiscono i movimenti dei familiari all’unisono con gli atti del pittore, e vi hanno il loro domicilio oggetti che, per via di pittura, assurgono al rango di vive ‘persone’. Personae, come nella scena della vita a teatro. In quelle personae si fonde integralmente la vita di Vermeer. La giacca giallo limone dai bordi d’ermellino è per noi Vermeer, è la sua vita.