Ovunque, persino in un atollo dell’arcipelago delle Fiji, tranne che a Parigi. Contando anche la piccola marcia organizzata dalla chiesa metodista di Savu, nelle Fiji appunto, e tutti gli eventi anche minuscoli e sperduti – ma sempre colorati e spettacolari – le manifestazioni per chiedere ai governanti del mondo un cambio di passo radicale per contenere l’impronta dell’uomo sul clima e sull’ecosistema saranno in tutto 2.331 in 150 paesi nel lungo week-end che precede il via al summit Onu di Parigi. Il conto è del quotidiano britannico The Guardian.

A Parigi no, lì non potranno avvicinarsi , probabilmente, almeno in corteo, i pellegrini del clima che sono partiti a piedi da Utrecht, in Olanda. Gli ambientalisti parigini che nei giorni scorsi avevano provato a violare, con cartelli e striscioni, il divieto imposto dal governo francese sono stati messi agli arresti domiciliari con stringenti obblighi di firma per le due settimane del vertice che inizia oggi e durerà fino all’11 dicembre. Nel frattempo dal Giappone all’Australia il mondo non ha aspettato il sorgere del sole sulla capitale del summit, l’evento che, nel bene o nel male, farà storia dovendo sostituire il Protocollo di Kyoto sui limiti ai gas serra entro il 2020.

In Nuova Zelanda le marce sono state molto partecipate. Ad Auckland si calcola che alla manifestazione abbiano partecipato tra le 15 e le 20 mila persone, 40 mila a Melbourne, almeno 5 mila a Brisbane e molte altre migliaia in 35 città piccole e medie. Tanto che il primo ministro neozelandese John Key è partito per Parigi dicendo di ritenere «credibile» una limitazione del 30 mper cento delle emissioni.
Tra gli eventi planetari che si sono già tenuti è da segnalare la marcia di Edimburgo, almeno 5 mila persone secondo gli organizzatori della Stop Climate Chaos Scotland, coalizione che raggruppa sessanta organizzazioni ecologiste, su tre parole d’ordine: clima, giustizia, lavoro e cartelli che chiedono una riconversione totale dell’economia scozzese low-carbon. Un successone secondo il portavoce Tom Ballantine che dice di essere «fiero della risposta del popolo scozzese».

Anche a Londra, a Park Lane, dove oggi sono attese 7 mila presenze tra cui il leader laburista Jeremy Corbyn a braccetto con i leader del Green Party, oltre alla giustizia ambientale la parola d’ordine è «job», lavoro.

A Toronto, che marcerà nella nostra notte, è sbarcata l’attrice premio Oscar Emma Thomson al fianco dei rappresentanti del popolo inuit farà da testimonial in particolare alla campagna di Greenpeace contro le perforazioni petrolifere della Shell nel circolo polare artico. «We change or we die», o cambiamo o moriremo, ha detto l’attrice britannica con il dono della sintesi. A Londra è attesa come testimonial la cantante Adele. Tokyo ieri ha sfilato sotto la pioggia. Non segnalato il meteo a Dacca, Kampala, New Delhi, Bogotà, che marciano oggi.