Secondo Radio France International (Rfi) « dall’inizio di dicembre, i primi mercenari russi della compagnia paramilitare Wagner hanno iniziato il loro dispiegamento in Mali, con il supporto logistico di Mosca». La notizia è evidenziata dal fatto che, sempre secondo fonti di Rfi, «in questi giorni è aumentato il traffico di aerei militari appartenenti all’esercito russo, come sono diventate più frequenti «le visite di dirigenti di Wagner in Mali e le attività dei geologi russi noti per la loro vicinanza al gruppo».
A conferma di queste affermazioni, giovedì, 15 paesi europei e occidentali coinvolti nella lotta anti-jihadista e nell’addestramento dei soldati in Mali hanno pubblicato un documento di denuncia contro il governo maliano. «Condanniamo fermamente il dispiegamento di mercenari sul territorio del Mali» sottolineano nel comunicato congiunto questi paesi (tra cui Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Canada), denunciando «una decisione che può solamente portare a un peggioramento della situazione dei diritti umani nel paese». Riferimento ben preciso alle sanzioni imposte dall’Unione europea al gruppo paramilitare riguardo alla sua presenza nella Repubblica centrafricana e alle accuse che lo vedono coinvolto su «abusi contro civili e saccheggio di risorse minerarie».

NEL DOCUMENTO i firmatari non minacciano Bamako sulla partenza dei propri militari, sottolineando che «nonostante la riluttanza del regime golpista maliano a dimettersi dal potere con il rinvio delle elezioni», tutti i paesi riaffermano la loro determinazione «a continuare la loro azione per difendere i civili dal terrorismo di matrice jihadista».
La scelta di rimanere contrasta, però, con le dichiarazioni di questi mesi da parte di Parigi che considera la presenza di mercenari «incompatibile» con il mantenimento dei soldati francesi schierati in Mali.

LA POSIZIONE FRANCESE è ormai da mesi oggetto di crescenti tensioni tra la giunta maliana al potere e Parigi, dopo che la scorsa settimana è saltato l’incontro tra il presidente francese, Emmanuel Macron, e quello ad interim e vero uomo forte del Mali, il colonnello Assimi Goita.
Dopo quasi nove anni di presenza nel Sahel, la Francia ha iniziato a giugno a riorganizzare il proprio sistema militare lasciando le sue tre basi più settentrionali in Mali (Tessalit, Kidal e Timbuktu) per concentrarsi intorno a Gao e Ménaka, ai confini del Niger e del Burkina Faso.
Dello stesso tono le dichiarazioni da parte del segretario di stato americano, Antony Blinken, che ha messo in guardia il Mali riguardo alle possibili conseguenze finanziarie e militari – gli Stati uniti hanno una delle loro più importanti basi del continente africano proprio in Mali – su un coinvolgimento del gruppo paramilitare russo.
«Ci rammarichiamo profondamente per la decisione delle autorità di transizione maliane di utilizzare fondi pubblici, già limitati, per remunerare i mercenari stranieri invece di sostenere le forze armate e i servizi pubblici a beneficio del popolo maliano» ha affermato al riguardo Blinken.

IL GOVERNO MALIANO da parte sua, dopo diversi giorni di silenzio, ha respinto le accuse, descrivendole come «semplici rumors», richiedendo alla Francia di esibire «prove concrete da fonti indipendenti» di quanto sostiene. In un comunicato ufficiale il primo ministro maliano, Choguel Maiga, ha confermato che lo stato del Mali «riconosce di essere impegnato in una partnership da stato a stato con la Federazione russa» e conferma «la sola presenza di addestratori russi sul proprio territorio oltre a quelli della Eutm, la missione di addestramento militare dell’Unione europea».