«Il caso politico Boschi è chiuso», parola di Matteo Richetti, il renziano dal volto umano che tuttavia non si capisce bene in base a quale autorità sentenzi. Gentiloni, a Pechino, fa finta di niente. A chi gli chiede lumi risponde: «Qui ci occupiamo della via della Seta…». Renzi è più astuto. Non chiude niente. Apre anzi spalanca e coglie l’occasione per lanciare la freccia quotidiana contro M5S e contro il vecchio centrosinistra: «Si faccia partire la commissione d’inchiesta sulle banche e si capirà finalmente di cosa parliamo quando si tratta di banche e delle responsabilità della classe dirigente. Il Pd ha votato a favore, i 5S no». In effetti M5S si astenne al Senato, dove l’astensione equivale a voto contrario, perché, come chiarisce la nota di replica al segretario, riteneva troppo limitati i poteri d’inchiesta della commissione. Ora invece chiede di anticipare il voto sulla legge istitutiva, che è fissato per il 24 maggio e non verrà anticipato nonostante le insistenze dei grillini.

Solo che la nascita della commissione non comporterà affatto quel chiarimento rapido del caso Boschi che dipende solo dall’audizione di Federico Ghizzoni, l’ex ad di Unicredit al quale si sarebbe rivolta l’ex ministra delle Riforma per sondare la possibilità dell’acquisto di Banca Etruria. Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera e braccio destro di Michele Emiliano, che nel suo piroettare infinito si è riavvicinato a Renzi dopo le primarie, specifica infatti che «la commissione non nasce per Etruria» e pertanto «ascoltare Ghizzoni non è una priorità per il Paese». Nel prospetto di Boccia i tempi sono biblici: senza intoppi e se l’esecutivo arriverà a scadenza naturale «la commissione vedrà la luce prima della pausa estiva». Però, «occorreranno due anni se non una legislatura intera» perché sbrighi l’incombenza. Con un’agenda tartaruga del genere e nessuna urgenza di convocare Ghizzoni se ne riparlerà in un futuro lontano lontano…

Certo potrebbe accertare la magistratura. Se ci fosse la querela annunciata in pompa magna da Maria Elena Boschi, che però non c’è. Ferruccio De Bortoli non ne ha più saputo niente, M5S neppure. Gli avvocati glissano e stemperano. Una cosa è l’effetto mediatico del fragoroso annuncio. Tutt’altra una querela che permetterebbe alla magistratura di chiedere a Ghizzoni la verità.

Lui, l’ex ad volatilizzatosi per una settimana, per la verità non sa più come fare per dire senza dire. E’ una di quelle sfingi per finta, che tengono la bocca chiusa però fanno le facce per far capire lo stesso. Domenica aveva assicurato che «è normale che politici e banchieri si parlino, specialmente in tempo di crisi». Ieri è andato oltre: «Non si può mettere in mano a un privato cittadino la responsabilità della tenuta di un governo. E’ un caso della politica: sarebbe dovere e responsabilità della politica risolverlo». Dunque Ghizzoni intende parlare ma «alla commissione d’inchiesta, in Parlamento, non sui giornali».

Tra le righe, e nemmeno troppo, è una conferma palese di quanto De Bortoli ha scritto. Non si vede infatti cosa la tenuta di un governo avrebbe da temere ove Ghizzoni dicesse che l’ex direttore si è sbagliato. Però, non essendo un’ammissione esplicita, molti, e in particolare tutto il Pd, possono giocare alle tre scimmiette e fingere di non aver sentito. La commissione d’inchiesta, quando verrò istituita, cioè con calma, farà in modo di chiarire la faccenda solo quando sarà passato tempo a sufficienza perché nessuno se ne ricordi più. Il leghista Grimoldi scommette «non prima della legge di stabilità». Sin troppo ottimista.