Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil, con Cisl e Uil attendete la convocazione del governo nella trattattiva sulle pensioni dopo l’ultimo incontro tecnico del 15 febbraio.
Ci auguriamo che la convocazione ci sia in tempi ravvicinati. È arrivato il momento in cui il governo deve scoprire le sue carte, proposte concrete su cui confrontarsi con noi perché finora ai tavoli tecnici abbiamo avuto solo generiche disponibilità su tutti i temi trattati: lavori gravosi, giovani, donne, flessibilità, previdenza complementare.

Il segretario confederale della Cgil con delega alla previdenza Roberto Ghiselli

Il tema più delicato è certamente la flessibilità in uscita. Voi chiedete da 62 anni di età o 41 di contributi senza penalizzazioni. Ma il governo pare intenzionato a proporvi 64 anni con un ricalcolo dell’assegno. La proposta lanciata sul manifesto dal prof Michele Raitano era una riduzione del 3% per ogni anno di anticipo sulla sola parte retributiva che corrisponderebbe per 3 anni a un taglio di circa il 5% dell’assegno. È un punto di caduta accettabile?
Per noi il ricalcolo contributivo è inaccettabile. Attualmente è praticato per «Opzione donna» – la possibilità di andare in pensione a 58 anni (59 anni le autonome) e 35 anni di contributi – e produce un taglio dell’assegno anche superiore al 30%. In più la stragrande maggioranza dei pensionandi è nel sistema misto con la parte retributiva che si va assottigliando e dunque l’onore di anticipo per le risorse pubbliche è sostenibile. Una sintesi con il governo, se ce ne saranno le condizioni, dovrà però tenere conto di tutte le richieste della nostra piattaforma, non solo della flessibilità in uscita.

Grazie a Elsa Fornero, nonostante il calo di 3 mesi dell’aspettativa di vita dovuto al Covid l’età pensionabile per il 2023 rimarrà uguale. Non è venuto il momento di modificare questa norma incredibile che il manifesto denuncia dal 2018?
L’attuale sistema va cambiato. Quando fisseremo un’età di uscita con il governo chiediamo che questa non venga più incrementata perché ora i pensionandi hanno una doppia penalizzazione legata all’adeguamento dell’aspettativa di vita: sull’età di uscita e sui coefficienti di trasformazione.

L’obiettivo più a portata di mano è la pensione contributiva di garanzia per giovani e precari?
Sicuramente è uno dei temi più importanti per noi perché il problema dei buchi contributivi dovuti alla precarietà riguarda ormai metà dei lavoratori. Il governo si è detto disponibile anche se potrebbe usare anche altri strumenti legati all’assegno sociale. Ma noi terremo il punto.

Sul tema delle donne qual è la situazione sul riconoscimento del lavoro di cura?
Per noi deve esserci un riconoscimento generale, non solo del lavoro di cura, perché le donne sono penalizzate nel percorso lavorativo come dimostrano gli anni medi di retribuzione molto più bassi. Il lavoro di cura per i figli o i parenti non autosufficienti non riguarda solo le donne ma deve essere riconosciuto o con un anticipo dell’età pensionabile o con una pensione più alta.