Cosa c’entrano le sementi con i cambiamenti climatici?

E la biodiversità cosa c’entra con la fame nel mondo? Questi grandi temi non solo sono tutti collegati tra loro ma sono strettamente dipendenti dal metodo produttivo.

La biodiversità, infatti, che si basa sulla possibilità di coltivare nuove e alternative varietà di semi, è alla base del metodo biologico ed è uno dei principali antidoti ai cambiamenti climatici, che causano la fame in molte aree del pianeta. Per questo va protetta e valorizzata.
Come? Attraverso la stesura di un nuovo Piano Nazionale per le sementi biologiche. E’ quello che chiedono a gran voce AIAB e Anabio, per poter mettere a disposizione delle imprese materiale riproduttivo in qualità e quantità adeguate.
In un quadro Europeo in cui le aziende agricole riproducono autonomamente meno dell’1% delle sementi per la coltivazione di ortaggi e solo il 50% per la semina dei cereali, la disponibilità sul mercato di sementi biologiche e biodinamiche di qualità diventa fondamentale per un sano sviluppo del settore biologico.

Attualmente, infatti, la maggior parte dei semi disponibili sul mercato, e quindi utilizzati anche in agricoltura biologica, proviene da varietà selezionate per rispondere agli input di altri modelli agricoli e riprodotte con metodo convenzionale.

A fronte di una crescita di superfici e operatori bio superiore al 20%, si registra oggi una forte contrazione nella disponibilità di sementi e di altri materiali di propagazione vegetativa per l’agricoltura biologica. A parlare sono i numeri: la moltiplicazione di sementi con metodo bio è passata in Italia da 10.600 ettari nel 2009, a soli 7.500 ettari nel 2013, con una contrazione che si attesta al 30%.

Un primo importante passo è stato fatto con l’istituzione della Banca Dati delle Sementi bio (BDS), che conterrà l’elenco delle specie e varietà di sementi prodotti in biologico disponibili sul mercato nazionale e sarà disponibile sul Sistema informativo biologico (SIB). La questione riguarda però anche la qualità delle sementi. Da qualche anno AIAB insieme alla Rete Semi Rurali e in collaborazione con centri di ricerca universitari e del Ministero delle Politiche agricole, promuove la selezione partecipata e, tramite la coltivazione di «miscugli» (popolazioni provenienti da centinaia di incroci o miscele di diverse varietà impropriamente dette antiche), la selezione evolutiva. Questo significa lasciare che le popolazioni evolvano, selezionate inizialmente dall’ambiente e dalla tecnica di coltivazione. E significa anche restituire la proprietà delle sementi a chi le coltiva.