Dialoghi Impossibili. Gesù di Nazaret e Francesco d’Assisi (2)

Gesù di Nazaret e Francesco d’Assisi lasciano fianco a fianco il portico di Santa Maria Maggiore in Roma e traversano la piazza antistante. Giunti all’imbocco di via Merulana, Gesù si volta e indica a Francesco la chiesa tutta intera.
Francesco: (indicando il monumento): È questo il mostro da distruggere, Gesù?
Gesù: Sì.

Francesco: La chiesa come struttura, come istituzione? Tu progettavi dunque una religione non solo senza sacrificio ma anche senza chiesa? Ma non sono tue le parole dei vangeli «tu sei Pietro, e su questa pietra costruirò la mia chiesa»?

Gesù: No. «Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia chiesa» è una frase costruita su un gioco di parole – Pietro, pietra – che si produce nella lingua greca, non nella lingua che io conoscevo e parlavo, l’aramaico. La chiesa che i cristiani hanno immaginato e costruito dopo di me ha avuto fin dal principio problemi di autorità, e i suoi capi hanno legittimato il potere che esercitavano sui propri seguaci inventando parole che non ho detto, deformando il senso autentico di atti che ho compiuto.

Francesco: Il potere papale non l’hai progettato tu…
Gesù: No. La mia religione non era esemplata per niente sull’impero romano, verticale, gerarchico, militare, burocratico. Io ho cominciato a costruire invece un insieme egualitario, democratico, fraterno, una rete di comunità autonome, creative, solidali.

Francesco: Ed io mi sono sottomesso al papa…
Gesù: Sì. E nel testamento hai insistito ossessivamente sull’obbedienza della tua comunità fraternale alla chiesa paternale: «…e tutti i frati miei sempre siano fedeli e soggetti ai prelati, e a tutti i chierici della santa madre Chiesa…»
Francesco: Che fare ora, Gesù?

Gesù: Non si può fare niente con la chiesa cristiana, una struttura di potere che conforma le persone ad un ordine costituito, che nessuno può mettere in discussione, sacralizzata come è. Occorre invece costruire una religione della conoscenza, della libertà, dell’amore di tutti verso tutti, smantellando in dissolvenza incrociata la religione di credenze e norme e rituali che produce sudditi, servi, militanti passivi e docili. Una religione non più costruita attorno ad un centro, ad una istituzione, ma distesa e articolata come una rete nella quale ogni partecipante è un centro, un nodo.