Il business delle elezioni federali. Ovvero: la Bundesrepublik delle lobby. È depositato in Parlamento il documento che più di qualunque sondaggio restituisce il vero trend delle urne tedesche. Un rendiconto ufficiale, sintomatico, e soprattutto di pubblico dominio, con buona pace degli sponsor che versano e dei partiti che incassano senza dare – in teoria e per legge – nulla in cambio.

MILIONI DI EURO puntati sui candidati vincenti, sui “cavalli” perdenti e perfino sugli outsider che scalpitano fuori dalla staccionata del Bundestag.

Dai quasi 2 milioni di euro girati alla Cdu della cancelliera Angela Merkel nel 2017 al milione e mezzo depositato nelle casse del Fdp guidato dall’ultra-liberal Christian Lindner, passando per le donazioni alla Spd dell’aspirante Martin Schulz che non disdegna la pecunia sganciata dai colossi del calibro di Daimler.

Denaro che non olet e anzi profuma come il pane e serve a finanziare la campagna elettorale ma non solo, e si aggiunge ai 133 milioni di euro che la Germania distribuisce ai partiti in base ai voti conquistati.

Una vera e propria cartina di tornasole utile a comprendere come funziona la social-democrazia, l’etica tedesca e l’indipendenza dei partiti al di là, oltre e dietro la propaganda. Una marea di soldi in grado di condizionare (eccome) la geometria variabile della politica declinata a Berlino. La co-gestione del capitale elettorale.

Per legge in Germania è obbligatorio registrare al Bundestag ogni «donazione rilevante» dei privati ai soggetti politici. Tradotto, significa dover rendere conto di qualunque versamento superiore a 50 mila euro, specificando data, mittente e destinatario. Un autentico «scontrino» previsto dalla Parteiengesetz, la norma che regola le attività dei partiti tedeschi.

Spicca l’«investimento» delle grandi imprese sulla coalizione (tutt’altro che improbabile) tra i cristiano-democratici e i liberali che non sono più presenti al Bundestag dal 2013.

Ricevute alla mano, da gennaio ad agosto, risultano 1,9 milioni di euro incassati dalla Cdu e altri 1,5 girati a Fdp. Tra i donatori si distinguono la federazione industriale del Nordreno-Vestfalia Metall-Nrw (110 mila euro alla Cdu, 90 mila ai liberali), l’impresa di auto-noleggio Sixt (55 mila euro a Fdp) e il milionario Stefan Quandt, membro del cda di Bmw, che quest’anno ha staccato due assegni da 50.001 euro ciascuno a entrambe le fazioni. Sulla stessa onda, e con il medesimo bilancino, il costruttore di auto Daimler (che controlla Mercedes) ha depositato 100 mila euro al partito di Merkel e altrettanti ai socialdemocratici di Schulz.

Naturalmente, è impossibile stabilire una corrispondenza biunivoca con la recente decisione del Kraftfahrt-Bundesamt (l’autorità federale dei trasporti) di omettere i passaggi più «ostici» nella sua relazione conclusiva sul Dieselgate, lo scandalo delle emissioni truccate, tuttavia il link risulta davvero difficile da ignorare.

Anche se «la maggioranza dei tedeschi non crede all’influenza delle grandi imprese sulle decisioni dei politici – spiegano all’osservatorio Lobby Control – il 78% vede con favore l’istituzione di un registro di lobbisti che li obblighi a rendere pubbliche le loro attività».

ANCORA, TRA LE RICEVUTE depositate al Bundestag si stagliano i 300 mila euro girati a giugno alla Cdu da Hans Joachim Langmann, presidente della Bundesverband der Deutschen Industrie (la Confindustria tedesca) e soprattutto il mezzo milione donato ai cristiano-democratici il mese prima dall’imprenditore Ralph Dommermuth, amministratore delegato di United Internet, società di domìni, hosting e web marketing con sede a Montabaur (Renania-Palatinato) e interessi che spaziano fino a Usa e Canada. Con Deutsche Telekom è il maggior fornitore di servizi telematici in Europa, e la sua donazione spicca come la più grande singola offerta a un partito tedesco.

AL CONTRARIO DELLA CDU, la «sorella» bavarese Csu nel 2017 non ha percepito alcun compenso oltre la soglia di legge, così come la Linke, il soggetto politico meno appetibile per le grandi imprese, e i populisti di Afd. Sul conto dei Verdi, invece, spunta la sola donazione di 100 mila euro del milionario svevo Frank Hansen, 32 anni, figlio di un imprenditore nel settore del packaging.

Nella «cassaforte» della politica tedesca emerge anche l’unico finanziamento di uno Stato estero: 120.563 euro e 53 cent spediti il 6 giugno dal ministero della cultura di Copenhagen al partito della minoranza danese nello Schleswig-Holstein (Sww). Mentre l’ultima offerta in ordine di tempo proviene dall’immobiliarista berlinese Klaus Groth che il 13 settembre ha versato 100 mila euro alla Cdu. «Mi preoccupo che Angela Merkel rimanga cancelliera» è stata la sua causale.