Chiudono al pubblico ristoranti, bar, cinema, teatri, musei, palestre, piscine, tutte le attività ricreative e gli sport amatoriali; mentre restano aperti gli asili e le scuole. Per gli esercizi commerciali, invece, varrà il limite di un cliente ogni 10 metri quadrati e l’obbligo delle misure igieniche previste dalla legge. In pratica si “salvano” parzialmente il settore della gastronomia, a cui sarà consentita la vendita per asporto, i parrucchieri e i centri di fisioterapia, con la Bundesliga che potrà continuare il campionato ma senza spettatori. Anche gli hotel continueranno a funzionare, seppure con il divieto di ospitare turisti.

Fissati anche i nuovi limiti per gli assembramenti: non più di 10 persone e componenti al massimo di due famiglie, anche se il deputato Karl Lauterbach (medico nonché responsabile Sanità della Spd) insiste nel chiedere di estendere i controlli alle abitazioni private «perché siamo all’emergenza nazionale».

È il lockdown in versione light della Germania che entrerà in vigore a partire dal 2 novembre fino a fine mese: il compromesso dopo quattro ore di video-summit ieri pomeriggio tra la cancelliera Angela Merkel e i governatori dei 16 Land.

«Mi rendo conto della rigidità delle regole ma in questo momento serve lo sforzo di tutto il Paese. Dobbiamo assolutamente appiattire la curva della pandemia altrimenti, con questo ritmo, raggiungeremo il limite di saturazione del sistema sanitario nel giro di poche settimane» ammonisce Merkel, concentrata sui quasi 15 mila nuovi casi di Covid-19 registrati dall’Istituto Robert Koch nelle ultime 24 ore: esattamente il doppio della settimana scorsa.

Significa che la pandemia è ufficialmente fuori controllo, e quindi «bisogna agire subito» come scandisce “Mutti” in conferenza stampa, senza più i consueti, rassicuranti, giri di parole. Da ieri conta solo l’indice di riproduzione dell’infezione, tale da imporre il più drastico giro di vite sugli assembramenti dall’inizio dell’emergenza coronavirus. Con buona pace dell’economia, il cui deficit (come in primavera) verrà coperto con un’ulteriore pioggia di denaro pubblico, almeno a sentire il ministro delle Finanze, Olaf Scholz.

Sul tavolo del vice-cancelliere Spd spicca la bozza dell’ennesimo “salvagente” a beneficio delle attività economiche costrette ad abbassare le serrande fino a dicembre. Un pacchetto di aiuti da 7 a 10 miliardi di euro: quanto basta a rimborsare il 75% del fatturato ai piccoli artigiani e il 70% alle grandi imprese. «La situazione è gravissima. Mai come ora è necessario mettere in campo misure finanziarie di ampio respiro» taglia corto Scholz.

Fra due settimane Merkel incontrerà nuovamente i governatori per stabilire se i provvedimenti hanno funzionato e soprattutto sono bastati a non mandare in tilt la sanità pubblica. «Il punto di analisi sarà uno solo: la velocità di diffusione del virus, che rischia di trasformarsi in un’emergenza sanitaria acuta».

Più o meno ciò che sostiene il sindaco-governatore di Berlino; dal Municipio Rosso Michael Müller (Spd) compulsa in tempo reale i bollettini clinici del vicino ospedale della “Charité”. «I medici confermano che i ricoveri nei reparti di terapia intensiva hanno raggiunto il livello dello scorso aprile. Non è più qualcosa di astratto ma la fotografia della realtà».

Non vuole sentire parlare di eccezionalità, invece, il primo ministro del Nordreno-Vestfalia, Armin Laschet (Cdu) secondo cui «non c’è lo stato di emergenza, ma nuove misure preventive proprio per evitarlo. Di sicuro, novembre sarà il mese entro cui dovremo decidere se bloccare, veramente, tutto».