È il vero cardine della realpolitik di Angela Merkel che sulla riduzione del milione e 90 mila profughi presenti in Germania si gioca il quarto mandato consecutivo alla cancelleria federale nel 2017. Mutti lo ha promesso ai tedeschi (a partire dagli alleati Csu) in cambio dell’assenza del tetto massimo all’arrivo dei migranti, e ora lo dimostra attraverso i dati ufficiali.

 

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 Nel 2015 “solo” il 49,8% dei richiedenti asilo ha ottenuto la protezione umanitaria. Nel primo trimestre 2016 il numero dei rimpatri ha raggiunto quota 4.492 cui se ne aggiungono altri 14.095 su «base volontaria». Il sistema Easy, che registra la massa dei profughi nella Repubblica federale, da gennaio ad aprile 2016 ha certificato 189.648 richieste di asilo. Il database restituisce il netto calo degli arrivi – grazie alla chiusura della rotta balcanica – e il contemporaneo aumento delle partenze: a ottobre 2015 si contavano 181.000 rifugiati, il mese dopo erano saliti a 206.000. Il crollo è iniziato a dicembre (127.320) e proseguito a gennaio (91.700), febbraio (61.428) e marzo (20.608) fino a raggiungere il picco minimo ad aprile con sole 15.941 richieste di asilo. Di pari passo si impenna la “curva” dei rimpatri: da gennaio a marzo 2016 risultano più del corrispondente periodo del 2015, archiviato con 22.369 respingimenti e 37.200 emigrazioni volontarie in altri Paesi (nel 2014 erano, rispettivamente, 13.851 e 13.574).

Negli ultimi 12 mesi la Germania ha accolto il 35% del totale dei profughi nell’Unione europea, più di Ungheria (14%) Svezia (12%) Italia e Austria (7%) e Francia (6%). Un terzo dei rifugiati tedeschi del 2016 sono uomini (116.857), il resto donne (59.608), la maggior parte nella fascia d’età 0-18 e 19-24 anni, mentre solo il 7% dei migranti ha compiuto i 45 anni.