Passerà alla storia come l’anno in cui Angela Dorothea Kasner, la «ragazza dell’Est», ha concluso il suo ventennio di potere social-democristiano. Ma anche come la data che consacra “Mutti” Merkel ai manuali della politica oltre al posto in prima fila nel Pantheon dei “padri” della Germania. Con la resa degli onori bipartisan, tutt’altro che paradossali.

«La rimpiangeremo» è il titolo epocale della Taz, quotidiano della sinistra indipendente che negli ultimi 18 anni non le ha risparmiato critiche. Mentre il congresso Cdu di Amburgo, riunito per detronizzarla, finisce per eleggere la sua «numero due» Annegret Kramp-Karrenbauer, dopo averle tributato 15 minuti di applausi e strappato la lacrima che non riuscì a scucirle neppure la giovane rifugiata siriana in diretta tv.

Germania anno zero, e non sarebbe la prima volta. Anche se oggi a mancare improvvisamente è la leader del più grande partito di massa d’Europa, «la donna più influente del mondo» perfino nell’anno in cui annuncia il suo ritiro dalla vita politica. Certo Merkel ha promesso di guidare la Grande coalizione con Spd e Csu fino al 2021 nonostante nella “nuova” Cdu si vociferi di un suo graduale – come al solito concordato – abbandono per dare slancio alla corsa di Akk verso la cancelleria.

In ogni caso la Germania nel 2019 è destinata a scivolare politicamente a destra. Nei Parlamenti dei Land in scadenza di mandato, dove Alternative für Deutschland rischia di replicare i consensi appena conquistati in Assia e Baviera, come nei piccoli e medi comuni non più solo dell’Est, dove la protesta populista è già aperta e chiara provocazione fascista.

Ma il cielo sopra Berlino non è tutto nero. Il 2018 “tedesco” corrisponde anche allo storico tramonto di Horst Seehofer che da segretario Csu paga il prezzo del minimo storico ai cristiano sociali dai tempi del dopoguerra. Il ministro dell’Interno lascia in eredità un partito in formato ridotto al governatore Markus Söder, già costretto a spartire i ministeri della Baviera con i “Liberi elettori”. Obbligato alle dimissioni dopo il crollo della Csu alle elezioni dello scorso ottobre, Seehofer risulta tuttora poco digeribile per gli alleati socialdemocratici e ancora meno per l’opposizione al Bundestag. Senza contare la cancelliera Merkel, che non gli ha mai perdonato litigi pubblici ritenuti, in tempi non sospetti, nocivi alla carriera politica di entrambi.