«La Germania era veramente in una brutta situazione; era stata così stupida e irresponsabile da avere iniziato due guerre e poi perderle. Ma permettetemi di fare un appunto, c’era una cosa positiva: non aveva più nulla da perdere, aveva perso tutto.» (Edgar Froese, Tangerine Dream). Per il rock sperimentale tedesco dei Settanta – al centro del libro di Antonello Crespi Solchi Sperimentali Kraut 15 anni di germaniche musiche altre (1968-1983) (Crac Edizioni, pp. 297, euro 25) – è rimasta la definizione di «Krautrock» coniata da giornalisti inglesi all’inizio di quel decennio. Nessun’altra ha saputo sostituirla perché nessuna categoria musicale seria è riuscita a comprendere quel fermento dai mille rivoli: molte delle esperienze in questione avevano infatti in comune solo l’estrema radicalità, la violenta rottura con l’eredità musicale tedesca, soprattutto quella folclorica in quanto macchiata dal passato nazista. La fine degli anni Sessanta vede nascere in Germania il fenomeno dell’arte libera (anche da aspettative economiche) e delle comuni.

La musica che ne deriva è eminentemente collettiva, l’uso stesso della voce appare, quando appare, come un elemento tra gli altri. Il panorama si rivela subito frastagliatissimo: dalle peculiari sintesi etniche di Embryo, Agitation Free, Limbus, agli abissi psichico-elettronici di Klaus Schulze e Tangerine Dream, al delirante sabotaggio della forma canzone dei Can, passando per le sequenze proto new-wave dei NEU! Prende forma l’idea di una tabula rasa che contribuisca a costruire ex novo un’identità culturale tedesca monda dell’eredità nazista ma indipendente anche dall’allora onnipotente scena angloamericana. Tra il ’74 e il ’78 alcuni artisti della scena assurgono a notorietà globale: pensiamo al successo di Schulze e Tangerine Dream, alla collaborazione tra Cluster e Brian Eno, alle palesate influenze degli album «berlinesi» di David Bowie, alla celebrità mondiale dei Kraftwerk «ballabili».

Al tempo stesso il fenomeno vive una fase discendente, ma ancora ricca, che Antonello Cresti documenta, nelle sue derivazioni, fino al 1983. Nella scelta delle centinaia di schede presenti nel libro, l’autore ha primariamente voluto fornire un compendio che tenta un ritratto generale del Krautrock concentrandosi sia su artisti e prodotti di secondo piano ma interessanti, che su perle di prima grandezza ma per vari motivi poco note al pubblico. Nel libro molti spunti e scoperte. ad esempio quanto fosse diffuso in Germania un approccio assolutamente inusuale e riduzionista alla musica etnica. Non un’enciclopedia, ma una generosa introduzione al tema, arricchita da interviste e saggi, anche di natura socio-politica.