Col titolo «Germania 1966-Ridefinire il cinema», la retrospettiva della prossima Berlinale punta l’obiettivo su un anno considerato dai curatori «cruciale» nelle trasformazioni del cinema tedesco a ovest e a est. Dall’una e dall’altra parte del muro, infatti, comincia a manifestarsi una nuova generazione di cineasti che interroga lo «stato delle cose» dei loro paesi, ricostruzione a occidente, socialismo a est, con personaggi di giovani, ribelli e conflittuali comuni nonostante la diversità a entrambe le parti.

Pochi anni prima, a occidente, quegli stessi registi si erano ritrovati dichiarando con il manifesto di Oberhausen: «Il vecchio cinema è morto, noi crediamo in uno nuovo». Nel 1966 il film di esordio di Peter Schamoni Schonzeit für Füchse (No Shooting Time for Foxes, Germania ovest) vince l’Orso d’argento a Berlino, Schlöndorff con Der junge Törless (Germania ovest-Francia) riceve il premio della critica a Cannes, e Alexander Kluge col suo capolavoro, Abschied von Gestern (Germania ovest) conquista il Leone d’argento alla Mostra di Venezia.

A est invece la nuova onda subisce la censura dello stato che produce i film (con gli stabilimenti della Defa) ma li vieta in quanto non conformi politicamente al «socialismo reale». Molti di questi saranno proiettati addirittura decenni dopo, con la fine del Muro. Come Karla di Hermann Zschoche e Jahrgang 45 (Born in ’45) girati entrambi nel ’65 ma proiettati nel 90. La retrospettiva proporrà entrambe le versioni, sia quella bloccata che quella mostrata nel 90. Lo stesso per il cortometraggio documentario di Kurt Tetzlaff Es genügt nicht 18 zu sein (nella versione censurata: Guten Tag – das sind wir).

La retrospettiva include venti lungometraggi tra film narrativi e documentari prodotti per il cinema e per la tv nelle due Germanie, e trenta tra medi e cortometraggi.
Ancora dall’est arrivano Spur der Steine di Frank Beyer, ritirato dalle sale solo tre giorni dopo l’uscita. O il film di Helene Raupe Fräulein Schmetterling che dopo la censura non è mai stato finito. Utilizzando un formato sperimentale, la cineasta raccontava la frattura tra la realtà quotidiana della protagonista e le sueprivate fantasie.