Dalla metà degli anni novanta, quando l’Orchestra di Santa Cecilia abitava ancora all’Auditorio della Conciliazione si sono susseguiti una serie di memorabili festival russi annuali con l’orchestra del Teatro Kirov, poi ritornato Mariinskij, guidato dall’allora giovane e lanciatissimo Valery Gergiev. A Roma si sono avute splendide esecuzioni di Prokof’ev, Sostakovic, Caikovskij (una strepitosa Dama di Picche), tre diverse versioni del Boris Godunov di Musorgskij e persino Verdi e Berlioz, talvolta con un pubblico colpevolmente distratto. Oggi Gergiev è una star planetaria e il pubblico accorre più folto, nonostante qualche occasionale malumore dovuto ai saldissimi legami del direttore con Putin.

Il festival  è dunque tornato a Roma con una prima parte dedicata a tre recite concertanti di Iolanta di Caikovskij, con l’orchestra e il coro di Santa Cecilia, seguite in questi giorni (stasera l’ultimo concerto, Terza e Quarta Sinfonia ) dall’integrale delle sinfonie di Caikovksij, con la compagine del Mariinskij. Ultima opera di Caikovskij, presentata a Pietroburgo nel 1892 insieme allo Schiaccianoci proprio dagli antesignani dell’attuale orchestra, Iolanta è un lavoro teatrale affatto singolare.

Un atto unico segmentato in varie scene e due parti che narra la vicenda della figlia del Re René di Provenza, cieca dalla nascita ma tenuta all’oscuro della sua condizione. Il cavaliere Vaudemont, spintosi al castello di Iolanta, rivela alla giovane la sua cecità, che sarà superata solo grazie alle cure proto-psicologiche di un medico mauritano, facendo leva sul desiderio e le sofferenze d’amore. Ispirata a un dramma danese, su libretto di Modest Caikovskij, l’opera intreccia vari piani di lettura, il profilo favolistico, il dramma psicologico (in molti vi hanno letto anche una metafora segreta dell’omosessualità del compositore), la connotazione simbolista, senza un articolato sviluppo drammaturgico, che resta incentrato sul duetto in cui Vaudemont scopre la cecità di Iolanta e il prodigio del recupero della vista.

La partitura approda di rado in Teatro – è stata data lo scorso anno a Firenze – ma è splendida, sia negli assiemi che nelle singole arie dei personaggi e Gergiev ne ha dato, grazie all’ottima risposta di orchestra e coro ceciliani, una lettura luminosa e ricca di sfumature, anche meglio calibrata che nel famoso disco Philips. Perfettamente adeguato il cast, in primo piano il Re di Stanislav Trofimov, il tenore Migran Agadzhanian interprete di Vaudemont (ma solo nella replica tenuta lo scorso 12 gennaio), Aleksei Markov nella parte del promesso sposo conte Robert, il medico di Roman Burdenko e il soprano Irina Churilova, doviziosa Iolanta. Uguale, unanime successo per l’opera e per le sinfonie.