Quando i Murphy lessero Tenera è la notte fresco di stampa si riconobbero subito nei due personaggi principali: lei con il lungo filo di perle gettate sulla schiena abbronzata, lui in cappello da baseball e costume a strisce bianche e rosse su una spiaggia in Costa Azzurra. I due protagonisti di Francis Scott Fitzgerald non solo erano stati costruiti sul loro aspetto fisico e sul loro stile di vita, ma lo scrittore aveva anche espresso giudizi sulla loro expensive simplicity fatta di «complessità e di scarsa innocenza… un’apparente naturalezza, un’enfasi delle virtù, frutto di un patto disperato con gli dei e con sforzi titanici». Dick e Nicole Diver, i caratteri del romanzo, si trasformavano poi in Francis stesso e in sua moglie Zelda, a espiare nella tragedia la loro perfezione insopportabile. I Murphy restarono di stucco.
Arrivarono in Francia dall’America nel 1921, con tre figli al seguito, sposati sei anni prima a dispetto dei genitori di lei che la volevano maritata a qualche aristocratico inglese e l’avevano esposta per diversi anni alla season londinese insieme alle sorelle, esibendo le loro prodezze canore dopo i pranzi di gala. Vennero presentate a corte ma nessun blasonato si fece avanti, forse perché il padre era sì un magnate ma dell’inchiostro. A Sara si propose invece Gerald, di cinque anni più giovane e compagno di giochi: aveva studiato a Yale con Cole Porter e altri figli di miliardari ma suo padre possedeva solo una ditta di oggetti di lusso, la Mark Cross: in compenso aveva trasmesso al figlio un certo snobismo anglofilo che gli aveva fruttato dei premi per l’eleganza e una fama per la pignoleria in materia di regole sociali. Nessuno resisteva al suo fascino, neppure l’antica compagna di giochi.
Così si ritrovarono a Parigi, non ricchissimi ma in grado di cavarsela con stile e spensieratezza. Non avevano intenzione di restare, ma il bel mondo li aveva già conquistati – Sara era avvezza alle duchesse, lui era un magnifico intrattenitore e mescolatore di cocktail e il successo fu facile. Poi una mattina Gerald, visitando l’esposizione di una delle aste in cui venne dispersa la leggendaria collezione Kahnweiler, rimase folgorato dai cubisti e decise che sarebbe rimasto a studiare pittura. Entrò con Sara nello studio di Natalia Goncharova e di Michail Larionov che lavoravano per i Ballets russes e che li impiegarono, senza salario, nel rifacimento di alcuni degli scenari di Sherazade distrutti dall’acqua.
Sara rinunciò ma Gerald affittò uno studio a Montparnasse e iniziò a comporre grandi tele di stampo costruttivista: macchine, motori e ordigni, secondo una sua visione personale di efficientismo, tutta americana. I primi due lavori, non a caso, si chiamarono Turbine e Pressione. Era partito da un bozzetto su carta, riportato poi sulle dimensioni enormi di una tela di lino del tipo usato per coprire gli aeroplani, dipinto a olio con un risultato netto e quasi iperrealista, e i due quadri, una volta esposti al Salon des Indepéndants, gli guadagnarono il titolo di pittore «centrifugalista». Poi iniziò Boatdeck, che per le dimensioni dovette essere piazzato in un punto focale del Salon rendendo gli altri quadri lillipuziani e suscitando l’ira dei colleghi. Era la sua visione dei tre fumaioli e delle maniche a vento del transatlantico che l’aveva portato in Europa, nella prospettiva scorciata da sotto in su del passeggero. Nel 1924 espose Razor – il rasoio, la penna stilografica, la scatola di fiammiferi: poco meno di un metro di larghezza per rappresentare gli oggetti personali dell’uomo moderno. Ma già l’anno successivo tornava alle grandi proporzioni in quello che è forse il suo dipinto più noto, Watch, un’analisi degli ingranaggi di un orologio equilibrata sia nella puntigliosità grafica sia nella dozzina di variazioni di grigio che restituiscono il cuore freddo del misuratore.
Intanto, grazie a Cole e Linda Porter, i Murphy avevano scoperto la Costa Azzurra, dove la loro immagine lost generation sarà cristallizzata da Fitzgerald, sulla spiaggia a Cap d’Antibes: Gerald in calzoncini da bagno che serve sherry ghiacciato, lei con perle e bambini. Lì si formò il circolo mistico: Picasso la ritrasse e si rumoreggiò di un probabile affare fra i due. Poi arrivarono Scott e Zelda, John Dos Passos, il poeta Archibald MacLeish, Léger e infine gli Hemingway. Si ritrovavano la sera nella casa dei Murphy, Villa America, elegante ma non alla moda, proprio come i suoi proprietari, e lontana idealmente dalle poco distanti sperimentazioni moderniste della Villa Noailles o di quella di Eileen Gray. Ai Murphy non interessava apparire impegnati se non come esemplari del buon vivere, moderno e impeccabile, con un che di americano e funzionale come il loro yacht, progettato da un nobile russo in esilio, Vladimir Orlov, che aveva assistito Gerald nello studio ma si era poi rivelato un cuoco eccellente e un conversatore di prim’ordine oltre che un progettista navale.
Nel frattempo Murphy iniziò a lavorare a un progetto con Cole Porter fornendo libretto e scene per quel che sarà Within the quota, realizzato dai Balletti svedesi, in cui si narrano le vicissitudini di un emigrato in America. Il fondale era di nuovo una figura macroscopica, una prima pagina di un immaginario quotidiano americano con titoli altrettanto immaginari e volutamente caustici. E non fu quella l’unica volta in cui Gerald venne coinvolto nel mondo dello spettacolo. Durante un viaggio in patria fu avvicinato da King Vidor che stava per iniziare il film Hallelujah! e che gli chiese di collaborare alla fotografia e soprattutto alla colonna sonora vista la sua conoscenza di musiche folcloriche americane. Non se ne fece poi nulla ma diverso tempo dopo, nel 1934, ebbe lo stesso ruolo nella stesura dello spartito del balletto Union Pacific, e tre anni più tardi collaborò alle musiche di The Spanish Earth, il film ideato da tre dei suoi più cari amici, Dos Passos, Hemingway e MacLeish.
A quella data aveva già smesso di dipingere. La sua breve carriera di pittore si era spenta dopo i necessari viaggi in patria per occuparsi della ditta di famiglia: aveva fatto in tempo, fra il 1927 e il 1929, a comporre qualche tela fra cui l’inquietante Portrait, con frammenti nitidi di un corpo umano, l’impronta di un piede, un occhio dalle lunghe ciglia, Cocktail, con gli strumenti del suo passatempo preferito, e infine Wasp and Pear. Poi il crollo della borsa, la diagnosi fatale per il figlio minore, l’allontanamento dalla Francia, distrussero anche il quadro idillico che i Murphy avevano dipinto con tanta pazienza e convinzione. Continuarono a essere solleciti, staccando assegni per gli amici, ricevendo con grazia nelle case che cambiavano di continuo in cerca di salute per il piccolo e poi di pace dopo la sua morte preceduta da quella del figlio maggiore. Ma la loro immagine di perfezione, ormai sostenuta con fatica, non fu loro perdonata. Il colpo inferto dalle pagine di Tenera è la notte era stato amaro, ma loro continuarono a occuparsi di Zelda (anche se Sara non perdonò mai del tutto, nonostante la lettera di scuse di Scott: «non ho scritto di te, ho scritto dell’effetto che facevi agli uomini»). Hemingway rincarò la dose descrivendo i Murphy senza nominarli in Festa mobile, col solo epiteto «i ricchi» e commenti che grondavano rancore.
Nel 1960 l’America riscoprì i quadri di Gerald Murphy in una mostra sulla pittura americana a Dallas, ma ormai gran parte delle sue opere era perduta in Francia. Nel 1974, a dieci anni dalla morte, il MoMA gli dedicò una personale e quel poco che rimaneva fu sufficiente a catalogarlo come un visionario precursore della pop art e della grafica moderna. Intanto i libri li immortalavano come la coppia dorata degli anni ruggenti, confondendo spesso, al pari di Fitzgerald, le loro caratteristiche con il loro carattere. D’altro canto Gerald stesso aveva scritto di sé: «la parte inventata di me è l’unica che abbia senso».