Per la prima volta in libreria per i tipi di Safarà, Gerald Murnane è autore dell’intenso romanzo Le pianure (nella efficace traduzione di Roberto Serrai, pp. 124, € 18,00). Lo scrittore australiano, di cui la casa editrice di Pordenone annuncia anche altri titoli di prossima uscita, è maestro di una narrativa che pone al centro l’apprendimento, il farsi di una esperienza. In Le pianure, uscito nel 1982, sceglie come alter ego la figura di un regista, che sta compiendo sopralluoghi nel cuore del paese, in una zona di eterne pianure, che lo portano fuori dall’Australia già da lui conosciuta, dove si osservano regole arcaiche e spesso incomprensibili.

Il luogo è abitato da due popolazioni, un tempo acerrime nemiche, gli Orizzontisti e gli Uomini Lepre, che si erano combattute, prima di fondersi, lasciando dietro di sé tradizioni e simboli, come gli anelli che il protagonista indossa per dimostrare di comprendere la cultura di quei luoghi.
Giunto in quel territorio per parlare con i potenti latifondisti, da cui spera di ricevere un notevole finanziamento per la sua pellicola, li scopre volubili, capricciosi, simili a dèi irritabili e interessati solo a celebrare il luogo del loro potere, per quanto esso sembri un territorio chimerico, esile al limite dell’inesistenza. I latifondisti parlano in coro: come i personaggi di una parabola di Brecht inanellano metafore di sapore antico, mentre guardano i loro costumi, assai diversi da quelli dell’uomo di città, contrassegnato da un foulard, che nella visione cittadina lo identifica come persona ricca, dotata di buon gusto e con molto tempo libero per oziare.

Il viaggio è in primo luogo all’interno delle tradizioni di un popolo geloso della propria indipendenza culturale e che rifiuta contatti con lo straniero. Il progetto del film, di cui il regista continua a determinare possibili sceneggiature, prendendo continuamente appunti, ha intorno un paesaggio sempre meno concreto e sempre più avventura della mente.