«Nessuno Stato membro tornerà nel 2022 alle proiezioni di crescita che aveva prima della crisi» . Molto dipende dalla campagna di vaccinazione e c’è il rischio del radicamento di forti divergenze tra le economie dell’Unione Europea. È il quadro fatto ieri da Paolo Gentiloni, commissario Ue all’Economia, in una videoconferenza presentando le previsioni d’inverno. Un inverno che durerà a lungo.

Questo scenario impedisce di ritirare prematuramente il cospicuo sostegno all’economia che si è tradotto in un aumento del debito pubblico, nel finanziamento tramite bond europeo del piano di «rilancio e resilienza» da 750 miliardi di euro e nella politica monetaria ultra-espansiva della Bce destinata a durate oltre il 2022. In questa ottica dovrebbe rientrare la ridiscussione del «piano di stabilità e crescita» attualmente sospeso fino alla fine del 2021. Gentiloni ha fatto capire che entro qualche settimana, probabilmente prima dell’estate, sarà definita la posizione della Commissione sul prolungamento della sospensione delle regole di bilancio.. Tornare al patto di stabilità dal 2022 è al momento considerato suicida da Bruxelles.. Il problema è che potrebbe esserlo anche dopo.

Lo scenario politico è dunque molto ampio. Da essa dipende, nell’ordine, sia il primo nucleo di una politica degli ammortizzatori sociali a livello sovranazionale, rappresentata dal piano «Sure», sia i l capitolo di sostegno alle imprese. Non va infatti dimenticato – elemento molto trascurato nel «dibattito» italiano- – che la Commissione ha sospeso anche le regole sugli aiuti pubblici alle aziende. La crisi economica innescata dal Covid ha messo seriamente in crisi una parte determinante delle politiche economiche alle quali l’Europa ha lavorato sin dalla definizione del trattato di Maastricht dal 1992 a oggi.

Al momento l’Eurozona procede a diverse velocità e si trova in questa condizione: a fine 2021 undici stati membri recupereranno il Pil del quarto trimestre 2019, prima dell’esplosione della pandemia in Europa. La Germania raggiungerà lo stesso livello, la Francia ci andrà vicina, mentre Spagna e Italia saranno le più lontane e avranno bisogno di molto più tempo per recuperare il livello pre-pandemico. Il Pil dell’Italia dovrebbe salire del 3,4% nel 2021, dopo avere perso l’8,8% nel 2020. E andrebbe a +3,5% nel 2022. Le stime sono al netto dell’impatto del piano Next Generation Eu, di cui il «Recovery Fund» fa parte, per quasi tutti i paesi. Dal «piano» la Commissione si augura una spinta considerevole per la «crescita» considerata l’unico modo per iniziare a recuperare il debito nel medio periodo.

In questa prospettiva non è contemplata la richiesta sostenuta da 100 economisti europei, e già ipotizzata dal presidente del parlamento Ue David Sassoli, di una cancellazione del debito per Covid in mano alla Bce e il suo reinvestimento sulla spesa sociale e per la transizione «verde».

In questa complicata partita previsionale si comprende l’investimento politico e simbolico fatto ieri da Gentiloni sul nascente governo Draghi. Dalla gestione dei 209 miliardi di euro in fondi per il «Recovery Fund» dipende anche la ridiscussione delle norme del patto di stabilità. È prevedibile che si ripresenterà il conflitto tra il «fronte Nord» e il «fronte Sud» Ue. La soluzione sarà, come sempre, di compromesso. Sull’Italia, considerata il punto più esposto dell’incompleta costruzione europea sia economicamente che politicamente, si gioca questa partita.