L’annuncio lo dà direttamente lui, il presidente del Consiglio: sarà candidato alla camera nel collegio uninominale. Il collegio numero uno della circoscrizione Lazio 1, quello che per le tabelle del viminale è il quartiere Trionfale ma che comprende tutto il centro storico, dove Paolo Gentiloni abita nel palazzo di famiglia, e i quartieri Aventino e Testaccio. È uno dei collegi più piccoli della regione (216mila abitanti) e soprattutto è uno dei pochi la cui composizione sia stata cambiata proprio dal governo Gentiloni. Che ha aggiunto il rione Trastevere agli altri quartieri del centro, sottraendolo al collegio Gianicolense. Lo spostamento ha reso il collegio Roma 1 ancora più appetibile per il Pd, eppure il presidente del Consiglio su facebook ha scritto: «Non è considerato un Collegio “sicuro”. Di sicuro però è la parte della città in cui abito da una vita e dove (momentaneamente) lavoro. Rappresentarla in parlamento sarebbe una responsabilità e un onore».

Se non si può dire un collegio sicuro al 100% (come sarebbe il posto di capolista nel proporzionale) è solo perché la crisi del Pd registrata dai sondaggi autorizza anche gli scenari peggiori, con appena una quarantina vittorie nell’uninominale in tutta Italia. In particolare al Nazareno sono preoccupati che a Roma i 5 Stelle non stiano perendo terreno malgrado i disastri della giunta. Quella di Gentiloni sarà per questo una campagna elettorale tutta all’attacco della giunta Raggi, condotta da palazzo Chigi. Del resto ha già cominciato qualche giorno fa quando ha fatto da ospite d’onore alla «Costituente per Roma» messa in piedi da Roberto Giachetti. «L’amministrazione Raggi non è il massimo dell’efficienza», disse allora. «Alla grande bellezza sono associati, come ovunque nella Capitale, diversi problemi», ha scritto ieri su facebook facendo subito capire che genere di argomenti utilizzerà. Compreso l’elenco dei problemi: «La qualità e la pulizia delle strade, l’impatto del turismo, ricchezza da ben governare, le difficoltà di molti residenti, specie più anziani, la sofferenza e il disagio».

Eppure, accanto a queste prime mosse da candidato di quartiere, Gentiloni ha subito aggiunto che «la mia sarà naturalmente una campagna elettorale particolare … senza sottrarre nulla agli impegni di governo … conto sulla comprensione degli elettori per il fatto che non mi sarà possibile essere presente ovunque e in tutte le occasioni». Più o meno quello che di lui quasi contemporaneamente ha detto Matteo Renzi: «Naturalmente fa anche il presidente del Consiglio e quindi nei prossimi 43 giorni di campagna elettorale dovrà dedicare innanzitutto la propria attenzione all’Italia». Il segretario del Pd ha immediatamente accolto l’annuncio di Gentiloni con un «Forza Paolo» e ha lasciato intendere che punterà su di lui per l’attacco ai 5 Stelle. Così come, nelle sue intenzioni, l’ideale sfidante della Lega sarebbe Emma Bonino, per la quale immagina persino una sfida diretta con Salvini nel collegio uninominale di Milano 1 (anche questo tendenzialmente più favorevole al centrosinistra).

È stato proprio Gentiloni nel suo post a dare la comunicazione ufficiale che l’intesa con la lista +Europa era fatta, comprendendo i radicali nell’elenco degli alleati. Bonino nel motivare le ragioni dell’accordo ha detto che «sappiamo di dover unire le forze per impedire la vittoria di chi vuole distruggere l’Europa». E ha citato positivamente giusto il presidente del Consiglio e un paio dei suoi: «Il Pd grazie a Gentiloni e a ministri come Padoan e Calenda ha tenuto la barra delle riforme e dei conti pubblici dritta sulla rotta di Bruxelles». Per Renzi solo un ricordo in negativo «quando toglieva la bandiera europea o cedeva alla tentazione di usare l’Ue come capro espiatorio dei problemi italiani». L’accordo sui collegi uninominali con i radicali ancora non è chiuso, si rivedranno con il Pd domani, ma c’è già la promessa che sarà riservata a loro una quota di spazio in tv. Anche se Renzi non ha interesse che la lista sia troppo visibile e che rischi di raggiungere la soglia del 3% perché in quel caso toglierebbe posti nel proporzionale al Pd.

Ma da ieri l’attenzione è ancora di più al rapporto con Gentiloni, al cui governo Renzi dà «un voto molto alto». «Abbiamo caratteri diversi ma non abbiamo bisogno di parole per capirci – ha detto ieri in tv – si può stare nel Pd anche senza litigare». Nel sondaggio sulla popolarità dei leader fatto da Ipsos per il Corriere della Sera, Gentiloni è risultato primo e Bonino seconda. E Renzi ultimo.