«Paolo e Matteo, fate quello che potete per l’approvazione dello Ius Soli», l’appello di Veltroni, il padre fondatore del Pd, dal palco dell’Eliseo dove si festeggiano i 10 anni della sua creatura, è accorato. La risposta di

«Paolo» arriva a stretto giro. «L’impegno mio e del governo è poter dire di aver aggiunto il diritto di cittadinanza», replica Gentiloni.

Non è una garanzia. Il premier sa che le parole pesano e sta attento a esprimere solo un auspicio, per quanto caloroso e sentito. Le sue parole bastano però a segnalare che la partita, nonostante tutto, non è chiusa. Sia nel governo che tra i senatori del Pd, c’è un’area corposa che non intende cedere le armi. I numeri dovrebbero esserci, anche se non con l’assoluta certezza garantita solo da una maggioranza assoluta per la quale mancano 3 voti.

Il problema è il calendario, intrecciato con i calcoli elettorali.

Il calendario del senato è zeppo e rende difficilmente praticabile un blitz prima che parta la legge di bilancio, il 27 ottobre.

Resterebbe una finestra dopo l’approvazione della legge e prima dello scioglimento, a gennaio. Ma significherebbe rinviare le elezioni che Renzi vuole il 4 marzo e soprattutto approvare una legge a rischio di impopolarità subito prima del voto politico.