La Groko social-democristiana come «cosa buona e giusta» anche per l’Italia. L’assicurazione a Berlino che Roma dopo il 4 marzo continuerà ad avere un governo «stabile e non populista». Il progetto europeo, da rilanciare insieme a Macron, alla luce della convergenza economica «mai così favorevole». Viaggia sui binari del protocollo diplomatico post «pugni sul tavolo» il vertice bilaterale tra il premier Paolo Gentiloni e la cancelliera Angela Merkel recuperato ieri dopo il rinvio del 7 febbraio. Ma anche nello stretto recinto imposto da scadenze istituzionali parallele, che impongono il reciproco appoggio a due progetti politici gemelli che si sostengono a vicenda.
All’orizzonte comune, le date-chiave che stabiliranno il futuro di entrambi i leader, tra l’incertezza strutturale delle elezioni italiane e la precarietà congenita del «contratto di coalizione» tedesco ancora appeso al referendum degli iscritti Spd previsto per fine mese.

Di qui il mutuo soccorso di Gentiloni e Merkel alle larghe intese come argine all’anti-europeismo; il rinforzo biunivoco dell’asse democristiano che in Italia serve a coprire politicamente le spalle del premier (fuori e dentro il Pd) e in Germania a sostenere la schiena di «Mutti», che nel Ppe si appoggia all’«alleato» Silvio Berlusconi. Assicurazioni richieste, necessarie nel mese che decide la sorte di due esecutivi condizionati da fattori esterni incontrollabili.
«L’Italia avrà un governo stabile e la coalizione di centrosinistra sarà il suo pilastro. Non c’è il rischio di governi populisti o anti-europei» è la garanzia di Gentiloni, l’assicurazione più attesa da Merkel. Arriva al termine del faccia-a-faccia incardinato sui complimenti per la gestione delle crisi nevralgiche. «Desidero ringraziare l’Italia per la stretta collaborazione e le attività eccezionali nella grande sfida dell’emigrazione» esordisce la cancelliera, soddisfatta per le «misure per risolvere l’emergenza-rifugiati che hanno impatto grazie a Italia, Francia e Ue». Apprezzamento ricambiato da Gentiloni con il riconoscimento specchiato nella Groko e nel ruolo degli omologhi socialdemocratici: «La decisione dei vertici Spd di sottoscrivere l’accordo di governo si colloca in una direzione importante, per Europa e l’Italia». È così, non solo politicamente ma anche alla luce dei miliardi «per i Paesi Ue» che Merkel e Schulz si impegnano a mettere a bilancio, e alla politica fiscale affidata al neo-segretario Spd Olof Scholz, futuro ministro delle finanze e vice-cancelliere.

Asse imprescindibile per il governo italiano, per fare fronte comune allo scollamento dell’Unione. «Nel 2016 il progetto europeo sembrava sgretolarsi; nel 2017 è stata data risposta al rischio di populismo; nel 2018 abbiamo il dovere di rispondere alla domanda di Europa sulle grandi questioni globali» riassume Gentiloni, prima del suo non-appello alle urne: «Le soluzioni di governo non le forniscono i sondaggi, ma gli elettori il 4 marzo. L’unico pilastro stabile pro-europeo, però, può essere solo la coalizione di centrosinistra. Anche se dopo il voto, l’indirizzo spetterà al presidente della Repubblica» precisa il premier.
Tecnicamente, proprio come il patto Spd-Cdu di Berlino che restituisce già la geometria dell’assetto post-elettorale di Roma. «Non ho fatto appelli al voto in un senso o nell’altro; solo una valutazione politica: per l’Italia l’accordo di coalizione della Germania è una cosa buona e giusta che aiuta il progetto europeo» sottolinea ancora Gentiloni.

Sempre dalla cancelleria il premier italiano coglie «la congiuntura economica favorevole senza precedenti: un’occasione da prendere già nei prossimi mesi». Eppure Gentiloni sembra non afferrare, almeno pubblicamente, l’altra importante «valutazione politica»: dopo l’intesa con Merkel, la distanza elettorale tra gli euro-socialisti della Spd e i fascio-nazionalisti di Afd si è ridotta a un punto percentuale.
Ma «tra Berlino e Roma c’è visione coincidente per il rilancio dell’Ue, e il comune rapporto con la Francia è fondamentale». Un po’ ciò che Gentiloni aveva dichiarato la settimana scorsa all’università Humboldt nella «Lezione sull’Europa». La fotocopia delle dichiarazioni di ieri: dal «valore dell’accordo di coalizione» all’importanza di «un risultato improntato alla stabilità in Italia».