Non bocciata ma rimandata. Agli sgoccioli del governo gialloverde, poco prima di chiudere per l’ultima volta la porta del suo ufficio, l’ormai ex ministro Danilo Toninelli, con un colpo di coda, ha pubblicato l’analisi costi-benefici sulla Gronda di Ponente, il discusso progetto di bretella autostradale nel capoluogo ligure che avrebbe l’obiettivo di ridurre il traffico su Genova.

La valutazione del Mit ha riguardato non solo il progetto originario, firmato da Autostrade per l’Italia (Aspi), che avrebbe un costo di 4,7 miliardi (0,4 in più rispetto a quanto, invece, afferma la società) per 120 mesi di realizzazione, ma anche alcune soluzioni alternative, ritenute dall’esito del documento migliori.

La pubblicazione ha scatenato un nuovo scontro con la società capitanata dai Benetton, che parla di un’analisi piena di «errori», il cui effetto sarebbe solo quello di ritardare l’opera. Ma per Toninelli non è così: «La Gronda si farà e grazie al lavoro istruttorio del Mit sarà realizzata nei termini in cui è davvero utile a Genova e a tutti i cittadini italiani». E si è rivolto agli ex alleati: «La Lega taccia e badi a recriminare contro se stessa, perché mandando in aria il governo del cambiamento, ha fatto harakiri e si è messa da sola fuori dai giochi».

Tra le alternative valutate dal gruppo guidato dal professor Marco Ponti la più vantaggiosa – con costi minori – sarebbe quella che prevede il raddoppio del tratto di A7 e il prolungamento della terza corsia del nuovo Morandi sino allo svincolo di Cornigliano Aeroporto, senza la costruzione del tunnel tra Rivarolo e Vesima (in un tratto storicamente ricco di rocce amiantifere).

Dura la reazione di Autostrade, che per quest’opera ha già effettuato il 92% di espropri e bandito gare per 700 milioni e attenderebbe solo l’ok politico sul progetto definitivo per poter aprire i cantieri. L’analisi conterrebbe, secondo la società, «errori macroscopici, soluzioni tecniche irrealizzabili, valutazioni dei dati del tutto arbitrarie». La controllata di Atlantia, con cui il M5s duella dai tempi del crollo del ponte Morandi, si riserva l’avvio di azioni legali. Secondo Aspi qualunque modifica farebbe ripartire tutto da zero, con uno slittamento di 6-10 anni. Non si è fatta attendere la replica del Mit che ha definito i toni della società «inaccettabili». Il ministero ricorda alla concessionaria come sia venuto meno uno degli elementi fondamentali su cui si basa il progetto di Aspi, il ponte Morandi: «Basterebbe questo a rendere indispensabile la revisione del suo progetto».

Lo scontro sulla Gronda si è riflesso sulle consultazioni in corso al Quirinale. Tanto che il consigliere comunale genovese del Pd Alessandro Terrile ha chiesto, via Facebook, al segretario nazionale Nicola Zingaretti di inserire la costruzione della Gronda tra i punti imprescindibili del possibile accordo di governo con il M5S. «L’opera – ha detto l’esponente Pd – è stata da tempo progettata, ha ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie, compresa la valutazione di impatto ambientale ed è interamente finanziata dal concessionario, o meglio dai pedaggi pagati dagli utenti. Modificare oggi il progetto significa ripartire da capo con il percorso autorizzativo, e quindi non fare nulla per almeno tre o quattro anni».

Il presidente della Liguria Giovanni Toti parla di «relazione patacca» e insieme al sindaco di Genova Marco Bucci avverte che lo stop sarebbe un «anno gigantesco» per la città e la regione. Preoccupati i sindacati, che parlano di 10 mila posti a rischio. La Lega, con l’ex viceministro Edoardo Rixi, dice basta alle manipolazioni: «Tutto è pronto, i cantieri devono partire senza più rinvii».

Quello che è certo è che la storia della Gronda avrà nuovi sviluppi. Ben più complessi della politica urlata o tifata. Partendo dal fatto che, ieri, dall’ormai ex ministro non è arrivato un «no», ma «l’opportunità» di vagliare «opzioni infrastrutturali più efficienti in termini trasportistici». Solo per la precisione.