Sarà sciopero al porto di Genova non appena la nave saudita Bahri Jazan accosterà alle banchine per imbarcare il materiale bellico che il cargo gemello – Bahri Yanbu – ha dovuto lasciare in deposito lo scorso 21 maggio a causa del primo atto di boicottaggio dei camalli verso chi alimenta la guerra in Yemen. Ieri la Camera del Lavoro del capoluogo ligure ha garantito la piena copertura sindacale, coerentemente con la protesta di maggio, che tra l’altro ha avuto un’eco internazionale notevole.

Subito dopo Genova anche i dockers iscritti al sindacato Cgt del porto di Marsiglia- Fos sur Mer, uno degli scali commerciali più importanti d’Europa, si sono rifiutati di imbarcare i cannoni Caesar prodotti dall’ azienda francese Nexter sulla Bahri Yanbu. E se a Cagliari un’altra nave, la Bahri Tabuk, è riuscita a riempire la stiva di bombe Rwm prodotte a Domusnovas è perché gli armatori sauditi lì hanno potuto scortare le casse con guardie private e utilizzare per l’imbarco il personale di bordo, cosa impossibile nella maggior parte degli altri porti italiani.

A GENOVA I GIOVANI CAMALLI si sono galvanizzati per gli attestati di stima e solidarietà arrivati da colleghi francesi, tedeschi e di altri scali italiani e nelle assemblee di questi giorni, in attesa dell’arrivo della nuova nave della compagnia statale Bahri – previsto per domattina – c’era chi si diceva pronto ad andare a bloccare l’approdo anche a bordo di canotti. Per convincere i lavoratori della compagnia unica dei portuali di Genova a trasportare a bordo della Bahri Jazan i materiali lasciati a terra e poi trasferiti nel Centro smistamento merci, gli armatori arabi avevano dichiarato che non si trattava di armi e convinto la prefettura e le autorità portuali a farsi da tramite nei confronti dei sindacati. Ma gli esperti della coalizione di associazioni pacifiste che hanno lanciato l’appello al boicottaggio dei traffici di armamenti destinati alla guerra in Yemen, dove le forze saudite sono accusate di crimini contro l’umanità dall’Onu – cioè Amnesty international Italia, Comitato per la riconversione Rwm, Movimento dei Focolari Italia, Rete della Pace, Rete italiana per il Disarmo e Oxfam Italia – hanno chiarito e portato prove sulla natura bellica della commessa.

SI TRATTA DI 4 COPPIE di shelter e gruppi elettrogeni, quindi su rimorchio, dotati di palo telescopico prodotti dall’azienda Teknel di Roma – comparto Difesa – per centri di comunicazione, comando e controllo di operazioni aeree e terrestre. Questi macchinari sono dual use, civile e militare, possono essere usati anche in caso di catastrofi ma, come documenta la relazione governativa 2018 sull’export militare e le autorizzazioni chieste all’authority preposta dalla Farnesina (Uama), fanno parte di un ordinativo di 18 coppie di shelter più generatore del valore quasi 8 milioni di euro, ad uso bellico. Del resto il destinatario indicato – la Guardia nazionale saudita – partecipa in prima linea alla guerra in Yemen, come fa notare il ricercatore di Opal Carlo Tombola.

«DA ALTRI PORTI abbiamo ricevuto tante proposte per creare una rete comune – racconta Riccardo Degl’Innocenti del Collettivo autonomo lavoratori portuali – che renda difficile a queste rolls royce della logistica militare di continuare a rastrellare armi dall’America all’Europa per fomentare una delle guerre più sporche al mondo».