Il fatto che Genova sia una città bellissima ma che richieda sforzo per essere realmente apprezzata, lo ha scritto di recente anche il New York Times. Di Genova il quotidiano ha ricordato il passato feroce, battagliero e attento all’accumulo di capitale, insieme all’esplorazione di territori lontani. Ha esaltato una città che appare sempre traboccante di fascino ma che secondo i suoi abitanti è priva di una collocazione nella nuova geografia nazionale e internazionale.

DA TERZO PUNTO del triangolo industriale dell’Italia post seconda guerra mondiale e poi del boom economico, all’ibrido attuale: la crisi del porto e la dismissione della parte legata all’acciaio e alle grandi fabbriche, Genova è sbarcata nel mondo dei servizi e del turismo, ma non certo quello di massa. La città è alla ricerca dunque di suoi potenziali amanti cercando di unire il patrimonio dei Rolli con le attività culturali di Palazzo Ducale e il fascino del vecchio angiporto con l’oscuro luccichio dei vicoli, i carruggi. Una città quasi perfetta per un adulto, meno per un giovane. Genova e le sue nuove generazioni da tempo aspettano qualcuno che sappia riaggantuare quella vocazione internazionale che la città e i suoi abitanti hanno sempre avuto.

È CHE OGGI ZENA sembra essere rimasta a rimirarsi di fronte allo specchio che rappresenta la sua storia: vive di quello che era, non di quello che potrebbe essere.

UN FIERO E ORGOGLIOSO antifascismo, una ribellione che pare innata nell’anima della città e che ancora vive nel ricordo del 1960 e del 2001; un luogo che si dice accogliente per vocazione, nonostante i genovesi poi facciano i diffidenti e ripetano adagi che sanno più di teatro, di Govi, che di realtà, come quel «statevene a casa vostra e mandateci i soldi». Genova era Dominante e Superba ma profondamente meticcia.
Il problema è che tutto questo vive nella memoria dei genovesi, vecchi e giovani, e si scontra con l’arte altrettanto radicata del mugugno, valido strumento di chi ha la scusa per dire che per colpa del lamento, di quei belin tirati e allungati a indicare brontolii, Genova è rimasta al palo. Addirittura uno dei candidati a queste elezioni, Marco Bucci del centro destra, in una recente intervista a Panorama ha detto che «Genova può diventare il più bel sobborgo di Milano».

BESTEMMIA, SACRILEGIO, una cosa che rischia di offendere più di un Doria, quelli di un tempo, la Compagna e tutti quei portuali che sulla grandezza di Genova hanno sparso sudore. Definire Genova sobborgo di Milano è un affronto (i milanesi oggi sono i pisani, o i veneziani di un tempo) ma il fatto che un candidato sindaco non si preoccupi di dirlo indica quanto sia fiaccato ormai questo decantato spirito ribelle della città. Marco Bucci ha specificato: «Nel 2022 sarà completato il Terzo valico. Per arrivare a Milano ci vorranno 45 minuti: allora, piuttosto che vivere ad Abbiategrasso, si potrà decidere di fare il pendolare da Genova».

I MILANESI potranno dormire a Genova, magari sulle alte, a Castelletto, ad Albaro oppure potranno concedersi il brivido del centro storico in qualche zona ripulita dalla bratta, dalle legere, dai tossici e dagli immigrati. Ma poi forse basterebbe qualche idea di un passo in avanti, qualche prospettiva capace di fomentare questi genovesi che appaiono sempre così diffidenti e che in realtà sanno anche mettersi in gioco, sanno inventarsi soluzioni, anche politiche e non solo nel passato. E sanno anticipare tempi o inghippi (di recente chiedere a Pirondini e Cassimatis del Movimento Cinque stelle).

MA CHI PUÒ FARLO? Il candidato del centro sinistra Gianni Crivello, il favorito, è delle mie parti. Arriva dalla Valpolcevera: le persone che l’hanno conosciuto me ne hanno parlato bene.
«Una brava persona», ma lo sprint che servirebbe forse è un’altra cosa. Ha ottenuto l’endorsment del sindaco uscente, Marco Doria: «Crivello conosce Genova perché l’ha vissuta lavorando come infermiere e facendo politica come tanti appassionati militanti nel Partito comunista Italiano di Enrico Berlinguer». Lo chiamavano «l’assessore maratoneta», ora potrebbe diventare il «sindaco operaio». Di sicuro è uno che è sempre stato tra la gente ma purtroppo, come accade anche a livello nazionale, il confronto nelle tv locali con gli altri candidati ha offerto diverse sfumature circa le stesse parole d’ordine, «sicurezza» e «infrastrutture» (tutti d’accordo sul Terzo Valico).

CRIVELLO SE NON ALTRO ha aggiunto «lavoro», ma come nel resto del paese sempre meno persone sembrano disposti a credere che davvero cambierà qualcosa. E Genova rimane lì, bifronte a guardare monti e mare, schiacciata tra la sua difesa e la sua liberazione, in attesa di qualcuno che sappia ridare ai genovesi la possibilità di riprendersi la città e riportarla in giro per il mondo, anche semplicemente riportando il mondo a Genova.