Partenza alle 15 da piazza De Ferrari, due carri, qualche migliaio di partecipanti previsti, tanta musica e forse un po’ di pioggia. Sono i dati certi della street parade della «città di sotto» che si snoderà questo pomeriggio per le vie de centro. Il corteo era stato pensato prima dello sgombero del laboratorio sociale Buridda «come un momento di visibilità per le vertenze, le lotte sociali che attraversano e che sono gli spazi sociali autogestiti» hanno scritto i ragazzi nel comunicato che lancia il corteo.

Nel frattempo il 4 giugno è arrivato lo sgombero e dopo undici anni il Buridda, nato più come spazio autogestito e condiviso da realtà diversissime che come collettivo, «è diventato una comunità capace di lottare per riavere uno spazio che fino a ieri sembrava garantito» racconta uno dei ragazzi.

A tre giorni dallo sgombero di via Bertani, un lungo corteo festoso si è concluso con l’occupazione della ex scuola elementare Garaventa nel centro storico genovese. E da lì, sera dopo sera, assemblee in piazza, laboratori, musica e la «buridda» (quella con le seppie) servita in strada a due passi dal Porto Antico.

E se qualche ultra legalitario comitato di residenti ha già chiesto un nuovo sgombero, molti genovesi sono rimasti a bocca aperta ad ammirare la stampante 3d con la quale i ragazzi del Fab lab (uno dei laboratori ospitati nel centro sociale) hanno addirittura realizzato la protesi per la mano di una bimba disabile o le evoluzioni della scuola circense con i giovani appesi a una fune sotto alla sopraelevata. E anche i più brontoloni non hanno potuto fare a meno di sorridere davanti al pc scorrendo le pagine facebook «Marco Doria non lo sapeva» e «Marco Doria non sa cose» nate per rispondere ironicamente alle affermazioni poco credibili del sindaco di Genova che disse di aver saputo dello sgombero solo a cose fatte.

Il Buridda per forza di cose si è aperto alla città con creatività, sapere, ironia e bisogno di aggregazione che hanno reso in questi sette giorni Genova più vivace e un po’ meno vecchia. L’occupazione della Garaventa non sembra però destinata a diventare definitiva. Da un lato il sindaco ha condannato l’occupazione della scuola dove «devono essere trasferiti a breve servizi e uffici comunali». Dall’altra i ragazzi vorrebbero tornare in via Bertani, attualmente sotto sequestro e con l’accesso presidiato dalle forze dell’ordine. Sindaco e giunta hanno detto che il dialogo con i centri sociali resta aperto «pur nel rispetto dei ruoli», ma ai ragazzi nessuna richiesta di incontro è arrivata: «Siamo pacifici, l’unica violenza è lo sgombero. Le istituzioni non hanno saputo cogliere il valore degli spazi autogestiti riducendo il tutto a una questione di bilancio e di ordine pubblico».

E così oggi tornano in strada per mostrare quel valore alla città, con l’obiettivo di trovare al più presto una casa, vecchia o nuova che sia, per il Buridda.