La novità nella giornata di ieri riguardo le indagini per accertare le responsabilità in seguito al crollo del ponte Morandi a Genova, avvenuto il 14 agosto causando la morte di 43 persone, è stata la richiesta da parte della procura dell’incidente probatorio.

I PM DI GENOVA hanno effettuato la richiesta: il giudice per le indagini preliminari dovrà dunque accogliere la richiesta e notificare la fissazione della data alle parti, indagati, familiari delle vittime e feriti.

La richiesta è avvenuta perché l’incidente probatorio permette di «cristallizzare» lo stato dei luoghi e delle cose ai fini dell’indagine: dopo l’abbattimento dei monconi del viadotto, lo stato del luogo e le possibili prove potrebbero infatti essere modificati irrimediabilmente, rendendo complicate ricostruzioni di carattere tecnico necessari per le indagini.

Secondo quanto appreso da fonti della procura, i pubblici ministeri vogliono procedere alla descrizione «dello stato attuale dei luoghi e delle cose». L’incidente probatorio servirà anche per la «descrizione e accertamento delle condizioni di conservazione e manutenzione dei manufatti non crollati e delle parti del viadotto precipitate e non ancora rimosse» oltre a «individuare e concordare con le autorità amministrative competenti le modalità della rimozione dei detriti ai fini del campionamento e della conservazione delle parti utili ai fini della prova», così come a «individuare con le autorità competenti le modalità delle programmate demolizioni, sempre al fine di campionare e conservare le parti potenzialmente utili ai fini della prova».

E MENTRE LE INDAGINI proseguono, ieri sono stati consegnati gli avvisi di garanzia annunciati fin da mercoledì. Le persone indagate sono venti. Come emerso nei giorni precedenti i reati ipotizzati sono di diversa natura, come spiegato dal procuratore Francesco Cozzi: omicidio colposo stradale plurimo e omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro (le parti offese sono 145). Per quanto riguarda il reato di omicidio colposo plurimo il procuratore ha precisato nei giorni scorsi che si tratta di un’ipotesi di lavoro basata sull’assunto che la sicurezza stradale non consta solo del rispetto dei comportamenti prescritti dal codice stradale nella circolazione, «ma anche il rispetto delle regole di sicurezza delle infrastrutture su cui i conducenti viaggiano».

NELLA MATTINATA DI IERI sono stati ufficializzati i nomi dei venti indagati; per Autostrade risultano sotto indagine Giovanni Castellucci, amministratore delegato, Paolo Berti, direttore operativo centrale, Paolo Strazzullo, responsabile progetto retrofitting, Michele Donferri Mitelli, direttore settore manutenzione, Mario Bergamo, ex direttore della manutenzione fino a marzo 2016, Stefano Marigliani, direttore primo tronco, Riccardo Rigacci, ex direttore primo tronco, Fulvio Di Taddeo, manager responsabile controllo viadotti e Massimo Meliani, altro manager autostrade responsabile dei rapporti con i consulenti.

PER LA SOCIETÀ SPEA Engineering risultano aver ricevuto l’avviso di garanzia Emanuele De Angelis, direttore tecnico di Spea e Massimiliano Giacobbi responsabile progetto retrofitting. Per il Provveditorato sono indagati Roberto Ferrazza, provveditore alle opere pubbliche di Liguria, Valle D’Aosta e Piemonte, Salvatore Bonaccorso, dirigente del provveditorato, Mario Servetto, membro del comitato tecnico, Giuseppe Sisca, anche lui del comitato tecnico così come l’ingegner Antonio Brencich.

Per l’Ufficio ispettivo Genova, Carmine Testa, capo ufficio ispettivo territoriale. Infine per il Ministero delle Infrastruttre Vincenzo Cinelli, capo della direzione generale del Mit, il precedessore Mauro Coletta e Bruno Santoro, dirigente. Una nota a parte merita l’ingegner Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato dell’Università di Genova, che nel 2016 aveva espresso dubbi proprio sulla tenuta del ponte Morandi, in un discorso riportato sul sito internet ingegneri.info. Autostrade per l’Italia, dopo la notifica degli avvisi di garanzia ai dirigenti ha tenuto a precisare di essere impegnata «a collaborare attivamente per accertare le cause e le dinamiche di quanto accaduto», esprimendo «massima fiducia nel lavoro dell’autorità giudiziaria».