A Genova è ancora così: quando si ferma una fabbrica, si ferma la città. E ieri per l’Ilva di Cornigliano la solidarietà non è mancata con portuali, vigili del fuoco e migranti a marciare insieme agli operai siderurgici.
IL LUNGO CORTEO ha puntato diretto sulla prefettura: la minaccia di occuparla è arrivata direttamente a Roma e se Calenda ha affrettato le comunicazioni di stop al tavolo è anche per questo motivo. Di prima mattina, dopo una breve assemblea in fabbrica, da Cornigliano è partito il corteo guidato dal «dito», il muletto da 65 tonnellate che solleva i rotoli d’acciaio, con su appeso il drappo con su scritto: «In lotta senza paura per il lavoro e per Genova», seguito dall’ormai storico striscione rosso «Pacta servanda sunt», che richiama il rispetto dell’accordo di programma del 2005. Si tratta del documento sottoscritto anche dallo stesso ministero dello Sviluppo – assieme ad altri quattro dicasteri – che prevede il mantenimento dei livelli occupazionali.
LA FIRMA IN REGIONE LIGURIA, prevedeva che a fronte della chiusura dell’attività a caldo dello stabilimento venisse attuato un percorso di continuità occupazionale e del reddito con la finalità di una tutela ambientale per il territorio ed è stato lo strumento che ha permesso, in questi anni, di mantenere i livelli occupazionali per circa 1.500 lavoratoti dello stabilimento genovese, seppure oberato dai contratti di solidarietà e dall’utilizzo dei Lavori socialmente utili.
UN ACCORDO DISATTESO completamente da AmInvestCo che ha previsto per Cornigliano ben 600 esuberi su 1500 posti totali. In realtà questa cifra oggi è stata confermata dallo stesso ministro Calenda – che ha contestato solo la novazione contrattuale per chi rientra – ma i lavoratori hanno comunque ottenuto un grande risultato e continueranno a ribadire la loro richiesta di mantenere gli attuali livelli occupazionali. «A Genova gli scioperi hanno vinto.
IL GOVERNO ha chiesto a Mittal di riscrivere la lettera con la procedura e gli esuberi grazie agli scioperi. Quindi gli scioperi hanno vinto. Per il momento ci fidiamo come abbiamo sempre fatto ma siamo all’inizio della partita – ha dichiarato soddisfatto il segretario provinciale della Fiom Bruno Manganaro – . Se qualcuno cerca nei prossimi giorni di fregarci torniamo qui più arrabbiati – ha poi promesso – . Adesso chiediamo un incontro urgente al governo. Il presidio è sospeso».
A DARGLI MAN FORTE anche tutte le istituzioni, ormai completamente di centrodestra: il presidente della Regione forzista Giovanni Toti e il neosindaco imprenditore Marco Bucci. Questo il testo della lettera inviata al governo dopo la riunione in prefettura. «Le istituzioni genovesi firmatarie dell’accordo di programma del 2005 ritenuti i patti allora sottoscritti vincolanti per le parti esprimono preoccupazione per il proprio mancato coinvolgimento nelle trattative legate al futuro di Ilva». Le istituzioni chiedono al governo «l’urgente convocazione di un tavolo di confronto tra i sottoscrittori del suddetto accordo al fine di valutare le ricadute della vertenza in corso sugli obblighi derivanti dall’accordo di programma».
IMPEGNI che anche gli operai Ilva prendono con sano realismo. «Con le condizioni di lavoro chieste da Am InvestCo potrei perdere circa 250 euro al mese che su un bilancio familiare sono pesanti – spiega Fabio di ritorno in fabbrica – . Oggi è successo qualcosa che non abbiamo capito bene visto che il Governo prima firma con i commissari la lettera con Mittal e poi la straccia in un vertice di 15 minuti. Vogliamo capire cosa vuole fare il Governo e se non avremo risposte la prossima settimana torneremo in piazza»