Care compagne e cari compagni,

Oggi non sarò presente alla riunione del coordinamento nazionale che, tra i punti all’ordine del giorno, discuterà delle mie dimissioni da capogruppo di Sel alla Camera. È una decisione che ho preso nelle ultime ore e che ha a che vedere con l’interruzione del reciproco rapporto di fiducia che è seguito alla discussione nel gruppo parlamentare sul decreto Irpef e al successivo voto parlamentare.

In primo luogo intendo ribadire che la discussione nel gruppo, per quanto aspra, non ha mai preso la strada dello schierarsi pro o contro il governo, ma si è confrontata sul significato politico di un voto (numericamente non determinante ai fini dell’approvazione del decreto e quindi non “sospettabile” di fare da stampella al governo) che qualificasse la nostra azione parlamentare di sinistra di governo.

Il gruppo alla Camera ha votato compatto contro la fiducia al governo perché questo era il mandato dell’assemblea nazionale. Ha discusso su come votare sul decreto Irpef poiché l’assemblea non aveva dato nessuna indicazione vincolante, né nel documento finale né nelle conclusioni del presidente del partito. Al momento del voto nel gruppo ho inteso rassegnare le mie dimissioni poiché non condividevo la proposta di astenerci, avanzata fin da subito dal coordinatore del partito e poi ribadita da Vendola, per poter esprimere in piena libertà il mio pensiero, ovvero che un provvedimento che contiene una misura di sostegno a 10 milioni di lavoratori, come quella degli 80€ e altri positivi provvedimenti, dovesse far parte delle “nostre” rivendicazioni e che, se fossimo stati al governo, noi stessi avremmo promosso. Successivamente il gruppo ha votato seguendo l’indicazione maggioritaria espressa al suo interno, a parte due astensioni motivate “in rappresentanza di altri”.

Tale votazione è stata prima rivendicata e poi additata come un grave errore politico, fino al punto di accusare il gruppo stesso di “sequestrare la linea del partito”.

Mi chiedo cosa si intenda per “sequestro della linea”, visto che di un singolo provvedimento si stava discutendo e che si era appena votata la sfiducia (pur esistendo tra noi, a partire da chi parla, una posizione pubblica che ha sempre richiesto di aprire una riflessione sulla nostra collocazione rispetto al governo). Se si intendesse che “l’intenzione” di chi propone di votare a favore di un provvedimento sia la premessa per cambiare l’opzione politica voluta dalla maggioranza si sta distorcendo la realtà, anche perché tra coloro i quali si sono espressi per il si al provvedimento non c’è un automatismo tra quella scelta e il ragionamento sulla collocazione rispetto al governo. Inoltre, vista la immediata sanzione della “gravità” del voto favorevole, resta difficilmente comprensibile il motivo per cui tutti l’abbiano votato.

Per me non è mai stato un problema essere in minoranza su una posizione politica, visto che lo sono certamente dal Congresso, anche perché ho sempre rappresentato pubblicamente il mio punto di vista. Inoltre, tengo a precisare che tale posizione di minoranza ha avuto sempre piena cittadinanza nel dibattito del partito, non per una gentile concessione di qualcuno ma per l’autentico convincimento e per la cultura politica del gruppo dirigente. Ieri però è stata messa in discussione, di fatto, non l’espressione di un punto di vista diverso, ma la deontologia di una posizione in seno a una comunità politica: il “sequestro della linea”, appunto.

Per me si è rotto ieri un vincolo di fiducia e quindi ho definitivamente compreso quanto sarebbe stata “inagibile” una posizione politica dentro il mio partito se essa fosse stata continuamente letta alla luce di una profezia che si auto avvera. Non è giusto che tale fibrillazione permanente “disorienti” i militanti, che sono la prima risorsa di Sel, e nel corpo largo del partito. Non è nemmeno giusto che la mia posizione venga descritta da alcuni come quella di un sabotatore.

[do action=”citazione”]Penso che in politica si debba sempre praticare la parresia[/do]

Non ho cambiato posizione sulla necessità di interloquire sempre più efficacemente con il governo Renzi, dove oramai il contributo di Ncd è politicamente marginale.

Non ho cambiato idea sul fatto che in prospettiva Sel possa essere parte di una soggettività politica unitaria, inserendo questa trasformazione in una trasformazione del sistema politico italiano.

Non ho cambiato idea nel ritenere che sia questo il momento per provare a incidere, pur nella consapevolezza dei nostri oggettivi limiti, nella battaglia anti austerità, che vede l’Italia come unico paese che, dopo le elezioni europee, non ha visto crescere le forze populiste e anti europeiste.

Non ho cambiato idea sull’individuazione del campo del socialismo europeo come quello più congeniale allo sviluppo di questa nostra battaglia, pur nel riconoscimento dell’importantissima novità politica costituita da Alexis Tsipras sulla scena continentale.

Non ho cambiato idea sul fatto che in un partito si discute liberamente ma poi si sostiene ciò che la maggioranza decide: come ho fatto nella campagna elettorale e come ho provato a fare in ogni singolo atto parlamentare.

[do action=”citazione”]Le mie posizioni incompatibili con quelle del partito. Mi dimetto da tutti gli organismi di Sel e dal partito stesso[/do]

Ho però cambiato idea, ieri definitivamente, sulla possibilità che mie posizioni siano compatibili con l’appartenenza al nostro partito.

Mi fermo prima. Prima che qualcuno mi chieda improbabili “riallineamenti” (come se si potesse riallineare un pensiero, un’idea, come qualche rappresentante del gruppo dirigente ha ventilato e non semplicemente constatare la lealtà che ho sempre manifestato in ogni organizzazione in cui ho militato). Prima che alla prossima occasione di dissenso riparta il processo mediatizzato e le accuse di sequestrare la linea.

Perciò rassegno le mie dimissioni irrevocabili dal coordinamento nazionale, da tutti gli organismi in cui sono stato eletto e dal partito stesso.

Ringrazio tutte le compagne e i compagni, in particolare Nichi e Nicola, per tutti questi anni di vita politica vissuta intensamente. Per la mia storia, la mia provenienza, non vado “dove mi porta il cuore”, ma, come scrive Pascal, non vagheggiando sentimentalismi ma facendo appello all’impegno personale, “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”.

Porto con me solo il mio libero convincimento di uomo di sinistra e la passione per un’idea della buona politica che ho imparato anche grazie a voi,

Con affetto immutato,

Gennaro