Non sono certo figli dei fiori, e neppure delle stelle, quelli inquadrati da Mario Perrotta nel capitolo che chiude la trilogia sulla famiglia, Dei figli, impaginato, come i precedenti, con la consulenza diagnostica di Massimo Recalcati. Lo spettacolo, dopo un primo ciak estivo a Grosseto, riparte da Cascina a scandire i tempi di una crisi domestica sempre più tossica e involuta. Finite le stagioni ribelli, all’alba del terzo millennio, genitori e figli smarriscono il senso delle proporzioni e il podio dei rispettivi ruoli. Figli depressi, inermi, incapaci di spiccare un pur piccolo volo, chiusi nell’ansia delle proprie illusioni, genitori in perenne allerta, incapaci di staccare la spina. Le storie sono queste ci dice Perrotta. Ognuno è prigioniero del suo disagio, ognuno è vittima di un suo male oscuro, interpreti di un limbo nel quale sprofondare con malsana dipendenza. Scordiamoci un tarantiniano Mr. Wolf che risolve i problemi. Alla fine di un simbolico week end di paura, fra confessioni, rivelazioni, delusioni, turbolenze ormonali, il congedo è cecoviano: sola a salvarsi (forse) l’anima femminile del gruppo, che esce di scena avvilito sulla Musica leggerissima di Colapesce Dimartino.