«Mario Draghi è stato un valente presidente che ha operato in una condizione di grande difficoltà. Il problema è che le istituzioni devono essere ben regolate per ogni circostanza, cosa che attualmente manca». Ieri il professore Paolo Savona, ministro per gli affari europei, ha puntualizzato il senso delle sue dichiarazioni a proposito del ruolo della Banca centrale europea e del suo presidente. Le frasi che avevano, non per la prima volta, attirato critiche politiche e anche silenziosi ma non meno palpabili malumori in alcuni palazzi sono state pronunciate alla festa di Sinistra italiana a Torino, nell’insolita e molto alternativa cornice dei Murazzi, scelta per la festa Proxima dal consigliere regionale Marco Grimaldi, per la «gioia» delle forze dell’ordine impegnate nella sicurezza. Il professore si è attenuto rigorosamente all’illustrazione e al commento della proposta di una riforma delle istituzioni dell’Unione, da lui inviata ai governi degli stati membri mercoledì scorso durante un pranzo con gli ambasciatori.

LA REGISTRAZIONE negli archivi di Radio Radicale fa testo. Per evitare polemiche il professore ha anche mandato in bianco, con cortesia ma senza consentire repliche, i cronisti che gli chiedevano pareri su immigrazione e sovranisti. «Non sta a me parlare di immigrazione» anzi «se continuiamo a parlare di immigrazione portiamo l’Europa alla soglia della rottura, l’unico modo per cercare di attenuare le polemiche è prendere in mano la discussione di fondo» fra cui il tema di «come funziona la politica fiscale». Savona ha fatto professione di europeismo («qualche giornalista se n’è accorto adesso») e ha spiegato che la vittoria dei sovranisti «renderebbe la discussione più difficile» sulla sua proposta di riforma.

A chi gli chiedeva un commento sulle frasi di Mario Draghi dette all’indirizzo del governo e per qualcuno proprio di Savona («Le parole in questi mesi sono cambiate molte volte», «purtroppo le voci che abbiamo ascoltato hanno già fatto danni»), Savona si è sottratto ai microfoni e alla polemica personale, «è un amico». Dal palco però ha spiegato quello per cui aveva accettato il confronto, le sue proposte di riforma «per un’Europa diversa». E fra queste, quella di una Bce in cui «poteri e responsabilità devono coincidere» perché oggi Draghi «si è procurato poteri che non avevamo previsto», «fa interventi sui cambi di cui sappiamo molto poco».

LE REAZIONI non si sono fatte aspettare. «Savona all’attacco» ha titolato il Sole 24 ore. «La più clamorosa e diretta delle critiche» al governatore della Bce, ha scritto Libero. Gli ha fatto eco qualche esponente politico: «Singolare l’attacco di Savona a Draghi. Fortunatamente Draghi ha allargato i poteri della Bce e in questo modo ha salvato l’Italia e l’Europa. Chi non capisce questo può darsi che sia un grande economista teorico, ma come politico può fare solo guai», ha sentenziato l’ex presidente della commissione esteri della camera Fabrizio Cicchitto.

«Tanto rumore per nulla» è il commento che circola nel ministero di Savona. Ma di buon mattino è arrivata la precisazione “ufficiale” del ministro. Draghi è stato «valente» e «abile», scrive in una nota, «la sua abilità ha consentito di superare i vincoli della sua azione di fronte alle carenze statutarie, come ha confermato la Corte di giustizia investita del problema da parte della Germania. Ma ciò ha richiesto tempo e trascinato polemiche non ancora sopitesi. Meglio incorporare i poteri nelle norme statutarie, affinché si affermi la volontà democratica propriamente definita e non quella puramente giurisdizionale».

Al di là del capitolo Bce, la proposta di Savona – e al di là anche del successo che avrà, lui stesso la definisce «un disperato tentativo» – venerdì ha incassato l’attenzione degli interlocutori del palco di Torino: non solo il parlamentare Stefano Fassina, economista e di certo a sinistra il più vicino al professore, ma anche l’europarlamentare di Mdp Antonio Panzieri e il presidente del Piemonte Sergio Chiamparino, pronto a ricandidarsi alle prossime regionali. Più o meno come loro, il ministro si definisce un «riformista» anche se «anche solo la parola riformista fa paura in Europa». Il finale del suo discorso si presenta come un dubbio amletico e invece è una certezza e un avviso: «Il sovranismo nasce da queste regole, o sono queste regole che generano il sovranismo?».

E INFATTI la nuova edizione del “caso Savona” sembra avere un’altra ragione di fondo. Non solo italiana. Venerdì la spiegava lo stesso ministro a proposito dell’Unione europea. «Il problema è che abbiamo creato un sistema difficile da smontare . Quindi il massimo della nostra ambizione deve essere quella di correggerlo», è il ragionamento, «ma c’è un primo punto: sui giornali italiani gli italiani non possono criticare la costruzione europea. Possono farlo solo gli economisti e politologi stranieri». Ed è una delle ragioni che gonfia le vele ai sovranismi nostrani.