Un’attrice famosa accetta di interpretare a teatro, vent’anni dopo, la piéce che le ha dato il successo dall’altra parte. Non più la ragazzina arrogante e cinica Sigrid, ma la donna matura che ne viene travolta, Helena, imprenditrice di successo, ferita a morte dall’abbandono della ragazza. Lei esita però: Wilhem Melchior, l’autore del dramma a cui deve tutto è morto. E quel regista teatrale di fama, le cui scene somigliano al teatro di Ostermeier insiste con tenacia.

Il nuovo film di Olivier Assayas non è però Eva contro Eva, anche se punteggiato di passioni cinefile dall’ex critico dei Cahiers passato come nella migliore tradizione nouvelle vague dietro alla macchina da presa. E che quando scriveva ha combattuto battaglie serie contro le rigide gerarchie dell’«alto» e del «basso» culturali e della linea d’autore rivendicando la potenza degli immaginari «blockbuster». Non solo Bergman ma anche Guerre stellari, non solo il cinema eurocentrico ma anche l’Asia di Hou Hsiao Hsien.

Cloud of Sils Maria, ultimo titolo in concorso, diviso in due capitoli tra le montagne svizzere dell’Engadina, e un epilogo a Londra, nasce dal desiderio del regista di lavorare con Juliette Binoche conosciuta agli inizi per entrambi del loro cammino artistico, quando Assayas aveva scritto Rendez-vous per Téchiné, e poi ritrovata nel suo L’Heure d’eté. Il punto di partenza trova compimento, e insieme determina questa storia sospesa in tortuosi sentieri tra passato e presente, nelle ombre della memoria sfuggenti e ineffabili come le nubi che si formano tra le montagne dell’Engadina, Il serpente di Maloja che è anche il titolo del dramma di Wilhem Melchior da cui è cominciata la carriera di Maria.

Ma è solo il primo dell’infinito gioco di specchi e di riferimenti con cui Assayas costruisce questa sua nuova esplorazione sentimentale in cui si mescolano esperienza vissuta, le scelte, le perdite, la relazione sentimentale tra passato e presente. Un movimento accordato a quei luoghi, Sils Maria è dove Nietzsche elaborò il suo eterno ritorno, incessante come le nuvole che Arnold Franck, pioniere del cinema di montagna ha filmato, le sue immagini in bianco e nero, Maria le guarda per ispirarsi mille volte

Cosa insegue la nube? Forse il racconto della giovinezza, proiezione di una mitologia di sé, che è impossibile declinare al presente, che attraversa il cinema di Assayas dai tempi del primo film, Desordre, in cui nonostante la contiguità, la giovinezza appariva già lontana.

Qui la dimensione teatrale, le prove piene di dubbi frustrati con cui Maria/Binoche affronta un personaggio che non ama permettono di amplificarne la portata. Maria non riesce a interpretare Helena perché continua a vedersi come Sigrid, la ragazzina irresistibile, eppure l’attore che la voleva (Hans Zichler) ora al suo implicito invito in camera risponde col silenzio.

E chi è quella ragazzetta che prenderà il suo vecchio ruolo (Chloe Grace Moretz, Carrie 2; Hugo Cabret), star planetaria la cui vita, risse amori e provocazioni sono in mostra su YouTube? Gli adolescenti impazziscono per lei che colleziona scandali, ora sta con uno scrittore famoso, l’uomo ha lasciato la moglie artista che ha cercato di ammazzarsi. Maria la guarda in una specie di reboot di fantascienza e non ne capisce il fascino. Ti sbagli le risponde l’assistente Val, geniale Kristen Stewart, la vergine vampira di Twilight con cui la diva ripete, e andando avanti anche la relazione tra le donne sembra confondersi con quella del testo. Fantasmi maschili. Ma chi è Helena e chi Sigrid?

Se Irma Vep era un atto d’amore, complice Maggie Cheung, per il cinema che incarnava, Assayas non sembra amare il personaggio di Maria, anzi il contrario. E se dobbiamo cercare una sua corrispondenza la troviamo piuttosto in quello dell’assistente, in Kristen Stewart trasformata incredibilmente, principio di realtà e insieme sua cubista destrutturazione. Non è questione di età anagrafica – genere; essere belle a 50 anni – ma di diversa consapevolezza, un oggetto ha un suo significato secondo il punto di vista da cui lo guardi. Val/Kristen Stewart celebrities assoluta, guarda a distanza la propria icona teen, proiettata sull’attrice ragazza, e può essere Helena pure se più giovane e trovare nel personaggio di Sigrid nessun fascino ma solo arroganza. Maria invece si attacca con ostinazione alla sua visione del mondo, rifiutando la realtà seppure quella digitale delle celebrities YouTube divenute simpatiche solo quando la adulano.

Ma. Al di là dello star system siamo al cuore del rapporto tra generazioni, dello scambio e della curiosità reciproca a cui si oppongono l’attaccamento egotico al proprio sistema da una parte e dall’altra, alle mode o all’esserne fuori in nome di un classicismo ostentato. Ignorare il mondo non costruisce un nuovo punto di vista così come le nostalgie di qualsiasi segno siano, intime o collettive. La scommessa sembra essere oltre il tempo, un occhio/cuore mutante capace di fluttuare tra le nubi.