Hanno tra i 28 e i 38 anni, ma non vogliono essere chiamati solo «giovani» o «precari». Perché giovani non lo si resta a vita e perché essere precari non costituisce, in sé, un’identità politica, ma una condizione generale. Nella campagna elettorale che ha portato la lista «Altra Europa con Tsipras» a superare, di poco, il 4% dei voti alle europee, hanno fatto una campagna elettorale classica: un porta a porta lungo migliaia di chilometri, decine le città dove hanno tenuto comizi anche con 15 persone. Hanno strappato voto su voto, superando lo scetticismo e la depressione diffusi a sinistra.

Due di loro, Marco Furfaro, 33 anni, dirigente di Sinistra Ecologia e Libertà, e Eleonora Forenza, 38 anni, dirigente di Rifondazione Comunista, potrebbero essere eletti al parlamento europeo. Il primo ha ricevuto 23.750 preferenze nella circoscrizione del Centro, la seconda 22.685 in quella del Sud.

Marco Furfaro
Marco Furfaro

«Quella del precariato non è una condizione giovanile, ma riguarda un paese intero – afferma Furfaro – La sinistra ha tardato a rendersi conto che la precarietà non è un contratto a tempo determinato, ma corrisponde alla rottura di un modello sociale che non riguarda solo le categorie che ha sempre protetto (l’operaio o il dipendente), ma anche i lavoratori autonomi che chiedono risposte concrete». Quanto ha pesato sulle preferenze raccolte un partito come Sel? «Non credo di essere stato votato in quanto dirigente di partito, in un momento di crisi dei sindacati e dei partiti anzi questo potrebbe essere un ostacolo – risponde Furfaro – Credo che siamo riusciti a fare emergere una speranza: si può anche non restare poveri o precari a vita e che esiste un’alternativa alla guerra dell’ultimo contro il penultimo».

Eleonora Forenza
Eleonora Forenza

«È emersa una condizione più articolata del semplice “giovane”, asessuato, o “neet” con il quale di solito vengono descritti i “precari” – afferma Eleonora Forenza – Non siamo “giovani”, siamo precari, partite Iva, contrattisti. Crediamo che la “precarietà” non sia solo una condizione, ma un fattore di soggettivazione politica. Mi sembra che oggi a sinistra si sia iniziato a parlare la lingua di una nuova generazione politica». Questo salto, ad oggi piuttosto ambizioso, lo si può raggiungere invocando l’unità della sinistra?

«Un progetto unitario oggi è necessario – risponde Forenza – non penso però solo ai partiti, ma ad un blocco sociale che esiste ma è da ricostruire in alternativa al socialismo europeo e contro il partito Democratico». Non significa anteporre il politicismo alla condizione personale? «Al contrario – ribatte Forenza – significa partire da sé e dalla propria condizione. Dobbiamo unire ciò che il neoliberismo ha diviso. E lo si può fare a cominciare da se stessi. Per due mesi ho sospeso la mia vita di ricercatrice precaria. Spero che i colleghi mi perdonino. Passerò l’estate a lavorare. Lo giuro».

Claudio Riccio
Claudio Riccio

Claudio Riccio, 29 anni, oggi lavora come freelance della comunicazione. Nel 2010 è stato uno dei portavoce del movimento studentesco contro la riforma Gelmini, sponda Uds-Link. Senza strutture di partito, ricorrendo anche al car sharing o all’autostop, con 5 mila euro di budget per una campagna auto-finanziata, Riccio ha raccolto 20.512 preferenze nel collegio Sud. È risultato primo della lista Tsipras a Bari, Brindisi o Foggia, superando politici di lungo corso. «Un risultato stupefacente – ammette – mi sento fortemente responsabilizzato. Ad un certo punto di questo viaggio ho avvertito uno scatto dentro le persone. È partita un’onda di mobilitazione tra chi è da solo o orfano della politica e della sinistra, ma non smette di fare rete. Penso che ora uno spazio politico sia stato aperto e non bisogna permettere che venga richiuso. Credo che tra poco si moltiplicheranno iniziative, auto-convocazioni, assemblee».

Riccio racconta un’altra declinazione della generazione politica: quella di chi è fuggito all’estero. «Dall’Australia mi hanno contattato 27 amici che avrebbero voluto votarmi, sono andati lì perché qui da noi non c’è spazio. Anche loro hanno superato il disgusto e la disillusione, oltre che la distanza. Per creare entusiasmo la sinistra deve eliminare illusioni di purezza, sfidare Grillo con le pratiche e esperienze di democrazia dal basso. Per fare questo serve determinazione e generosità».

quarta

A Nord-Ovest, c’è Alessandra Quarta, 28 anni, nata a Lecce, da 10 vive a Torino. Si è lasciata alle spalle 10 mila chilometri, 25 province raccogliendo 11.605 preferenze. «Più che il fisico, che non ho, per fare una campagna elettorale ci vuole uno spirito collettivo, un progetto politico. Noi siamo collettivamente qualcosa» racconta questa neo-dottorata in Diritto civile che si riconosce nello spazio sociale «Officine Corsare» a Torino. Quarta è arrivata in testa a Torino come in provincia. Quasi mille voti li ha presi a Milano, 500 a Genova. «Ad uncerto punto c’è stato un contagio – racconta – 11 mila voti sono tanti alla prima esperienza, e soprattutto sono un segnale. Devono trasformarsi in un progetto politico più ampio. Non so dare un nome ma sono certa che sarà qualcosa».