Sono passati dunque dieci anni da quei giorni in cui, all’improvviso, in decine di migliaia di sopravvissuti ci riversammo per strada senza più una casa abitabile e senza più un domani certo, spaventati e proiettati all’improvviso in un’altra dimensione. Tra tutto quello che può succedere in una situazione simile, tra tutti i bisogni e le emozioni, si palesò sempre più prepotente una sorta di magnetismo sociale che spingeva a cercarsi, perché l’unione si sa – può sembrare banale ma mai così vero – fa la forza. Nacquero così decine di associazioni tra cui il «Comitato 3e32», che prendeva il nome dall’ora della terribile scossa.

Tutto iniziò in un’assemblea al Parco del Sole il 15 aprile, convocata con il passa parola e che come primo obiettivo aveva proprio quello di ritrovarsi. Non era semplice, dato che quasi nessuno viveva più dove stava prima. L’Aquila si era già riconfigurata per lo più in campi tenda e mancavano punti di riferimento, visto che quello principale, il centro Storico, non c’era più, era «Zona Rossa». Per questo il passo successivo fu prendere la tenda 6 nel campo della Croce Rossa, a Collemaggio, per farla diventare uno spazio collettivo e prima infrastruttura dalla quale iniziare a comunicare con computer recuperati, connessione ad internet, l’apertura di 3e32.org e l’utilizzo dei social.

IL 25 APRILE CI LIBERAMMO dalla dipendenza totale dai campi tenda istituzionali – nel frattempo sempre più pieni di regole anti democratiche stabilite dal Dipartimento di comando e controllo – organizzando un’assemblea cittadina più grande in quella che battezzammo «Piazza 3e32»: un parco a ridosso del centro storico che occupammo montandovi un tendone e facendola diventare la nuova Agorà, dove poter tornare a parlare e discutere della nostra ricostruzione.

Il gruppo base del 3e32 che si andava costituendo era prevalentemente composto da giovani che prima del sisma frequentavano alcune zone e locali del centro storico. Non era legato da percorsi politici già esistenti, ma si era formato sul rigetto di quella gestione dell’emergenza dove essere «terremotati» equivaleva ad una condizione di attesa passiva e l’«emergenza» si dimostrava un concetto privo di contorni, estendibile, pericolosamente, quasi all’infinito senza neanche più un livello intermedio politico cittadino, sostituito dal potere assoluto del capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. Chiedevamo il 100% di ricostruzione, partecipazione e trasparenza. Eravamo contrari al Progetto Case berlusconiano che avrebbe stravolto L’Aquila, e favorevoli alla creazione di una città di transizione fatta per lo più di moduli rimovibili che permettesse a tutti di restare sul territorio e poter essere protagonisti della ricostruzione vera, senza disintegrare la comunità e la città.

L’Aquila era diventata un terreno di scontro. Se da una parte il presidente del consiglio Berlusconi vi aveva impiantato un incredibile circo mediatico, dall’altra, era anche un piccolo centro di resistenza e antagonismo al suo governo che vi portò anche il G8. Vi si giocava una sfida per un’altra ricostruzione possibile, dal basso, che richiamava energie da tutto il Paese.

A FINE ESTATE, dai teli di Piazza 3e32, ma in assoluta continuità con essa, passammo ad occupare un piccolo stabile nel vicino ex Ospedale Psichiatrico di Collemaggio che divenne «CaseMatte».

Il manifesto che ne annunciava l’apertura, il 31 ottobre del 2010, si chiudeva con lo slogan: «È senza padroni che si ricostruisce una città», sintesi della nostra idea di ricostruzione sociale, di cui CaseMatte costituiva un esempio in antitesi a quello delle insostenibili New Town che intanto il governo stava costruendo e dove tutto era anomia, dispersione e passività. Fu da quel centro propulsivo che prese piede la «Rivolta delle carriole» del 28 febbraio 2010 e che durò per circa tre mesi dandosi appuntamento ogni domenica. Di tutte le mobilitazioni che ci furono nel biennio 2009-10 parla il libro che sta per uscire a firma collettiva «Comitato 3e32» e che verrà presentato proprio il 6 aprile.

Se c’è una cosa che il Comitato 3e32 ha regalato all’Aquila è l’esperienza di autogestione di uno spazio libero come CaseMatte (CM), crocevia sempre attivo di soggettività e realtà sociali nonché spazio per la sperimentazione culturale, il mutualismo, la libera socialità. Al contrario però L’Aquila, intesa come istituzione, non ha restituito nulla indietro, marginalizzando l’esperienza di CM e non riqualificando l’area dell’Ex Op, uno degli obiettivi (mancati) del Comitato 3e32 che pure ha presentato un suo valido progetto, «Il Parco della Luna». Il 3e32 nel tempo è divenuto per lo più la matrice di un’insieme di realtà e servizi nati in autonomia a CaseMatte. Come il collettivo femminista di Fuori Genere o il progetto di calcio sociale e antirazzista di United L’Aquila.

MA A 10 ANNI DAL SISMA il Comitato non può non porsi il problema di un rinnovamento necessario. La generazione politicamente nata alle 3e32 si è ormai fatta grande e ha bisogno di un salto di qualità per arrivare a incidere realmente sulle sfide che affronta una città, il cui futuro, dopo dieci anni, è ancora in bilico.

La ricostruzione fisica in corso non corrisponde in sé alla ripresa. In questa nuova cornice di senso saranno questioni decisive per i prossimi dieci anni il riavvio socio economico del centro storico, la necessità di politiche abitative includenti che non lascino L’Aquila in balia di speculazione e gentrificazione e quella relativa al futuro di tutta l’Area interna appenninica.

La parola che fa da trait d’union a tutte queste vertenze, chiave per il futuro, è «lavoro». È qui che un nuovo 3e32 deve inserirsi per aprirsi un futuro alternativo all’emigrazione, anche facendo i conti pragmaticamente col pensarsi possibile classe dirigente.