Sembrava che ormai gli ultimi scampoli di quello che fu il sistema della grande impresa italiana fossero destinati ad essere preda di cordate solo francesi; ora le Generali mostrano che in gioco entrano in qualche modo anche i tedeschi. E perché non dovrebbero farlo? Meraviglia semmai che non si siano dati più da fare in passato. Comunque il peso degli interessi francesi appare nel nostro paese ormai preponderante.

Intorno alla metà degli anni sessanta il numero delle grandi imprese transalpine non era molto più elevato di quello italiano e la situazione delle stesse non troppo più brillante. Negli anni ottanta i giornali di quel paese si preoccupavano poi dell’assalto che al sistema industriale nazionale minacciavano di portare i cosiddetti condottieri (ricordiamo una copertina dell’Express con i volti minacciosi di Debenedetti, Gardini, Agnelli).

GRAZIE ANCHE ad una rilevante azione di sostegno da parte dei poteri pubblici, da allora il sistema delle grandi imprese francesi è molto cresciuto e i suoi risultati tecnologici, di mercato, economici, finanziari, sono molto migliorati. Intanto la situazione italiana si è invece parecchio degradata tanto che oggi il numero dei grandi gruppi è da noi ridotto al lumicino, tra chiusure, fughe all’estero, acquisizioni da parte del capitale estero.

E’ anche noto che a tale risultato hanno contribuito in misura rilevante la mancanza di qualsiasi visione e piano da parte dei governi, le cattive scelte del sistema finanziario, la pochezza della nostra imprenditoria.

INCREDIBILMENTE nessuna voce allarmata si è levata nel nostro paese al momento dell’acquisizione di Telecom; nel governo si blaterava dell’esistenza di un libero mercato da non contrastare. Tutto questo contrasta con gli osceni cori contrari, ammantati ufficialmente di nazionalismo, che si sono invece scatenati contro l’assalto a Mediaset, cosa che dimostra ancora una volta come la politica italiana sia una palude senza fondo. Nel caso delle Generali le voci allarmate si sono invece di nuovo quasi spente, anche se è in gioco un nodo cruciale del sistema finanziario nazionale, un punto strategico per governare il mercato dei nostri titoli di stato, mentre la società di Trieste è anche presente in tutte le operazioni di salvataggio delle nostre aziende in difficoltà.

Generali in passato era strettamente controllata da Mediobanca, ma nell’ultimo periodo la sua presa si è allentata, anche se a tutt’oggi quest’ultima ne è il principale azionista, con il 13% del capitale; la banca aveva in passato dichiarato l’intenzione di ridurre la sua quota ed oggi sembrerebbe piuttosto incline ad allearsi con i francesi di Axa.

SI PENSAVA DA PARECCHIO tempo che, cadute le difese del sistema del salotto buono, Generali fosse una preda orami scontata di qualche raider danaroso. Bisogna in ogni caso rilevare che si tratta di una preda ideale, viste le scarse difese e poi il fatto che essa non è ben valorizzata in borsa.

Dietro l’intenzione di intervento di Intesa San Paolo, con o senza i tedeschi di Allianz –che otterrebbero nell’operazione la conquista di alcuni pezzi del gigante triestino-, sta da parte della banca la sensazione di essere accerchiata; dopo l’acquisizione della finanziaria Pioneer da parte di Credit Agricole ed eventualmente di Generali da parte di Axa, Intesa si troverebbe in una posizione difficile, mentre Unicredit, l’altro grande protagonista della finanza nazionale, è oggi intento a leccarsi le ferite a suo tempo autoinflitte e non può quindi permettersi di esercitare un ruolo attivo nella vicenda. Anzi, da molte parti si tema un assalto da parte francese anche alla stessa banca milanese.

In senso attivo la mossa di Intesa si può anche vedere come il tentativo di creare il più grande polo del risparmio nazionale. Peraltro, l’intervento dell’istituto nostrano nella vicenda lascia qualche dubbio, dal momento che tutti i tentativi passati di mettere insieme la banca con le assicurazioni si sono rivelati un fallimento, mentre, in teoria almeno, qualche domanda si porrebbe sul fronte della riduzione del livello di concorrenza, visto che Intesa e Generali sono i due più grandi operatori nazionali nell’assicurazione-vita. Ma si sa che le nostre authority di solito si svegliano solo a comando. I nostri eroi della Consob, intanto, fanno finta di agitarsi ed hanno convocato le parti.

IN TUTTA LA VICENDA non meraviglia certo l’assenza, almeno ufficialmente, di un grande protagonismo da parte del governo, che si era svegliato operativamente dal letargo neoliberista solo per difendere l’amico Berlusconi.

Intanto la situazione del mondo bancario sembra farsi strategicamente sempre più difficile: proprio nei giorni scorsi a Davos il cinese Jack Ma, a capo di Alibaba, informava una platea attonita come la sua organizzazione fosse ormai in grado di far arrivare i soldi nel conto di un cliente che avesse chiesto un finanziamento nel giro di letteralmente tre minuti dal momento della domanda, avendo nel frattempo svolto anche un’approfondita istruttoria.