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Gelo tra Mosca e Tel Aviv dopo il raid aereo di Israele in Siria

Gelo tra Mosca e Tel Aviv dopo il raid aereo di Israele in SiriaLa città di Hamouria, a Ghouta est, distrutta dalla guerra tra governo e opposizioni – Afp

Israele/Russia Il Cremlino non ha gradito di essere stato informato dal governo Netanyahu dell'attacco contro la base siriana T 4 a Homs, dove sono presenti consiglieri militari russi. ‏‎«Si tratta di uno sviluppo molto ‎pericoloso della situazione‎» avverte il portavoce di Putin. Trump intanto si prepara a «punire‎ i colpevoli‎» dell'attacco chimico a Ghouta

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 10 aprile 2018

Perché Israele non ha avvertito la Russia del suo attacco aereo contro la base ‎siriana T-4? Le relazioni tra Mosca e Tel Aviv, sulla Siria, si sono deteriorate al ‎punto da aprire la strada a uno scontro diplomatico? Sono questi alcuni degli ‎interrogativi che gravano sul nuovo pesante raid – 14 morti tra i quali 4 ‎consiglieri militari iraniani – compiuto ieri, poco prima dell’alba, dall’aviazione ‎israeliana. Il disappunto, a dir poco, di Mosca è palpabile. Per oltre due anni il ‎premier Netanyahu ha fatto la spola con la capitale russa per consolidare il ‎coordinamento militare ed impedire “incidenti” tra le forze aeree dei due Paesi ‎durante i raid che Israele compie contro la Siria. Ora silenzio totale. Al contrario ‎Israele ha informato con largo anticipo gli Stati Uniti.‎‏ ‏‎«Il presidente Vladimir ‎Putin non ha avuto contatti con la controparte israeliana‎» ha comunicato il ‎portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ricordando che nella base di T-4, nel ‎governatorato di Homs, sono presenti consiglieri militari russi che hanno rischiato ‎di essere colpiti dalle bombe israeliane. ‎«Senza dubbio – ha aggiunto – per noi è ‎motivo di preoccupazione e attraverso i canali appropriati, stiamo comunicando ‎con la parte israeliana su questa questione‎…Si tratta di uno sviluppo molto ‎pericoloso della situazione. Spero che almeno i militari statunitensi e quelli della ‎coalizione guidata dagli Usa lo comprendano».‎

‎ Tutto è cominciato intorno alle 3.30, hanno riferito fonti ufficiali libanesi ‎denunciando l’ennesima violazione israeliana dello spazio aereo del Paese dei ‎Cedri. Giunti dal mare, all’altezza di Junieh sulla costa occidentale libanese, gli F-‎‎15 con la stella di David hanno virato verso Baalbeck, nella valle della Bekaa. Da ‎qui hanno sganciato otto missili aria-terra – alcuni dei quali, ha comunicato il ‎ministero della difesa russo, sono stati intercettati delle difese siriane – contro ‎quello che gli esperti considerano il principale aeroporto militare siriano, dove si ‎troverebbero postazioni missilistiche ed operano, oltre a quelli russi, anche ‎consiglieri militari iraniani. Inizialmente tutti hanno pensato ad un blitz compiuto ‎da americani e francesi. L’attacco infatti è avvenuto a un anno esatto dal lancio di ‎‎59 missili cruise da parte dell’amministrazione Trump sulla base siriana di Shayrat ‎e Washington e Parigi si erano dette pronte a una ‎«risposta forte e comune‎» per il ‎presunto bombardamento chimico contro a Douma, nella Ghouta orientale, che ‎gruppi dell’opposizione siriana attribuiscono a Damasco e in cui sono morti ‎decine di civili. La Siria e la Russia parlano di una fabbricazione e negano il loro ‎coinvolgimento. Anche l’agenzia di stampa siriana Sana ha parlato di un raid ‎ordinato da Donald Trump che domenica aveva descritto un ‎«animale» il ‎presidente Bashar Assad. Poi è giunto il comunicato del ministero della difesa ‎russo che ha chiamato in causa Israele. Da parte sua il governo Netanyahu non ha ‎confermato e neppure smentito l’attacco ma l’ex capo dell’aviazione israeliana ‎Eitan Ben Eliyahu ha fatto notare che ‎«Gli unici che avrebbero potuto colpire in ‎Siria sono gli americani o gli israeliani» e, visto che gli Usa negano e che Israele in ‎passato ha già colpito quella zona, ‎«la mia conclusione che siamo alle prese con ‎un raid da parte di Israele‎».

 

Trump e Netanyahu

 

‎ L’analista Eytan Gilboa ridimensiona lo scontro tra Israele e Mosca. ‎«Non vedo ‎all’orizzonte un conflitto diplomatico tra i due Paesi – ci spiegava ieri Gilboa – ‎nessuna delle due parti vuole mettere fine al coordinamento militare che sino ad ‎oggi ha evitato conflitti tra le due forze aeree. Israele sa che la Russia ha un ruolo ‎in Siria e Mosca allo stesso tempo sa che gli interessi israeliani in Siria e nella ‎regione non possono essere ignorati. E questo malgardo la Russia abbia fatto ‎ancora poco, dal punto di vista israeliano, per contenere la presenza iraniana in ‎Siria». Per Gilboa Israele, tra le altre cose, avrebbe inviato un messaggio anche ‎agli alleati americani. ‎«L’annunciato ritiro delle forze americane dalla Siria non è ‎proprio piaciuto (a Netanyahu) perché lascia il campo completamente libero a ‎Russia, Turchia e Iran sempre più alleate come abbiamo visto al termine del ‎vertice di Ankara dei tre Paesi. Israele si aspetta che gli Stati Uniti restino in Siria e ‎adottino una linea più interventista dal punto di vista militare».‎

‎ Intervento Usa che potrebbe essere imminente. Il segretario alla Difesa, Jim ‎Mattis, ha detto ieri di “non escludere nulla” in risposta al presunto attacco ‎chimico. E Donald Trump annunciando ‎«decisioni importanti in 24-48 ore» ha ‎fatto la voce grossa anche contro Vladimir Putin affermando che se la Russia ‎risulterà responsabile del presunto attacco nella Ghouta ‎«Tutti pagheranno un ‎prezzo. Lui (Putin) pagherà, tutti pagheranno‎». Trump ha avuto anche un ‎colloquio telefonico con il presidente francese Macron con il quale, secondo le ‎agenzie di stampa, si è impegnato a coordinare le azioni nel quadro del Consiglio ‎di Sicurezza dell’Onu.‎

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