Gelo tra Mosca e Tel Aviv dopo il raid aereo di Israele in Siria
Israele/Russia Il Cremlino non ha gradito di essere stato informato dal governo Netanyahu dell'attacco contro la base siriana T 4 a Homs, dove sono presenti consiglieri militari russi. «Si tratta di uno sviluppo molto pericoloso della situazione» avverte il portavoce di Putin. Trump intanto si prepara a «punire i colpevoli» dell'attacco chimico a Ghouta
Israele/Russia Il Cremlino non ha gradito di essere stato informato dal governo Netanyahu dell'attacco contro la base siriana T 4 a Homs, dove sono presenti consiglieri militari russi. «Si tratta di uno sviluppo molto pericoloso della situazione» avverte il portavoce di Putin. Trump intanto si prepara a «punire i colpevoli» dell'attacco chimico a Ghouta
Perché Israele non ha avvertito la Russia del suo attacco aereo contro la base siriana T-4? Le relazioni tra Mosca e Tel Aviv, sulla Siria, si sono deteriorate al punto da aprire la strada a uno scontro diplomatico? Sono questi alcuni degli interrogativi che gravano sul nuovo pesante raid – 14 morti tra i quali 4 consiglieri militari iraniani – compiuto ieri, poco prima dell’alba, dall’aviazione israeliana. Il disappunto, a dir poco, di Mosca è palpabile. Per oltre due anni il premier Netanyahu ha fatto la spola con la capitale russa per consolidare il coordinamento militare ed impedire “incidenti” tra le forze aeree dei due Paesi durante i raid che Israele compie contro la Siria. Ora silenzio totale. Al contrario Israele ha informato con largo anticipo gli Stati Uniti. «Il presidente Vladimir Putin non ha avuto contatti con la controparte israeliana» ha comunicato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ricordando che nella base di T-4, nel governatorato di Homs, sono presenti consiglieri militari russi che hanno rischiato di essere colpiti dalle bombe israeliane. «Senza dubbio – ha aggiunto – per noi è motivo di preoccupazione e attraverso i canali appropriati, stiamo comunicando con la parte israeliana su questa questione…Si tratta di uno sviluppo molto pericoloso della situazione. Spero che almeno i militari statunitensi e quelli della coalizione guidata dagli Usa lo comprendano».
Tutto è cominciato intorno alle 3.30, hanno riferito fonti ufficiali libanesi denunciando l’ennesima violazione israeliana dello spazio aereo del Paese dei Cedri. Giunti dal mare, all’altezza di Junieh sulla costa occidentale libanese, gli F-15 con la stella di David hanno virato verso Baalbeck, nella valle della Bekaa. Da qui hanno sganciato otto missili aria-terra – alcuni dei quali, ha comunicato il ministero della difesa russo, sono stati intercettati delle difese siriane – contro quello che gli esperti considerano il principale aeroporto militare siriano, dove si troverebbero postazioni missilistiche ed operano, oltre a quelli russi, anche consiglieri militari iraniani. Inizialmente tutti hanno pensato ad un blitz compiuto da americani e francesi. L’attacco infatti è avvenuto a un anno esatto dal lancio di 59 missili cruise da parte dell’amministrazione Trump sulla base siriana di Shayrat e Washington e Parigi si erano dette pronte a una «risposta forte e comune» per il presunto bombardamento chimico contro a Douma, nella Ghouta orientale, che gruppi dell’opposizione siriana attribuiscono a Damasco e in cui sono morti decine di civili. La Siria e la Russia parlano di una fabbricazione e negano il loro coinvolgimento. Anche l’agenzia di stampa siriana Sana ha parlato di un raid ordinato da Donald Trump che domenica aveva descritto un «animale» il presidente Bashar Assad. Poi è giunto il comunicato del ministero della difesa russo che ha chiamato in causa Israele. Da parte sua il governo Netanyahu non ha confermato e neppure smentito l’attacco ma l’ex capo dell’aviazione israeliana Eitan Ben Eliyahu ha fatto notare che «Gli unici che avrebbero potuto colpire in Siria sono gli americani o gli israeliani» e, visto che gli Usa negano e che Israele in passato ha già colpito quella zona, «la mia conclusione che siamo alle prese con un raid da parte di Israele».
L’analista Eytan Gilboa ridimensiona lo scontro tra Israele e Mosca. «Non vedo all’orizzonte un conflitto diplomatico tra i due Paesi – ci spiegava ieri Gilboa – nessuna delle due parti vuole mettere fine al coordinamento militare che sino ad oggi ha evitato conflitti tra le due forze aeree. Israele sa che la Russia ha un ruolo in Siria e Mosca allo stesso tempo sa che gli interessi israeliani in Siria e nella regione non possono essere ignorati. E questo malgardo la Russia abbia fatto ancora poco, dal punto di vista israeliano, per contenere la presenza iraniana in Siria». Per Gilboa Israele, tra le altre cose, avrebbe inviato un messaggio anche agli alleati americani. «L’annunciato ritiro delle forze americane dalla Siria non è proprio piaciuto (a Netanyahu) perché lascia il campo completamente libero a Russia, Turchia e Iran sempre più alleate come abbiamo visto al termine del vertice di Ankara dei tre Paesi. Israele si aspetta che gli Stati Uniti restino in Siria e adottino una linea più interventista dal punto di vista militare».
Intervento Usa che potrebbe essere imminente. Il segretario alla Difesa, Jim Mattis, ha detto ieri di “non escludere nulla” in risposta al presunto attacco chimico. E Donald Trump annunciando «decisioni importanti in 24-48 ore» ha fatto la voce grossa anche contro Vladimir Putin affermando che se la Russia risulterà responsabile del presunto attacco nella Ghouta «Tutti pagheranno un prezzo. Lui (Putin) pagherà, tutti pagheranno». Trump ha avuto anche un colloquio telefonico con il presidente francese Macron con il quale, secondo le agenzie di stampa, si è impegnato a coordinare le azioni nel quadro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
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