Era un fatto noto da giorni, già rilevato, tra gli altri, dal quotidiano The Guardian ma ieri è stato corroborato da nuove statistiche pubblicate dall’Office for National Statistic, l’equivalente britannico dell’Istat. In Inghilterra e Galles le persone appartenenti alla categoria Bame (Black and Asian Minority Ethnic), le infelicemente denominate «minoranze etniche», sono quattro volte più a rischio di ammalarsi e morire per malattie relate al Covid-19 della controparte di origine europea: per la precisione gli uomini 4.3 e le donne 4.2 volte di più. I tassi di mortalità sono in generale più alti in tutti gruppi non bianchi, soprattutto tra le persone del Bangladesh e del Pakistan, come anche tra quelle di etnia cosiddetta mista. L’unico a presentare percentuali di rischio inferiori a quello della popolazione bianca è quello delle donne cinesi, mentre gli uomini muoiono 1.2 volte in più. Lo studio effettuato prende in esame l’impatto del virus su questi gruppi dal 2 marzo al 10 aprile, ma non comprende per forza tutti i casi, poiché l’etnia nei certificati di morte non è necessariamente dichiarata salvo che non lo si voglia espressamente.

L’istituto stesso ha specificato le intuibili cause alla base della disparità. Letteralmente: «una sostanziale parte della differenza di mortalità di Covid-19 è spiegata dalle differenti circostanze in cui è noto vivono i membri di quei gruppi, come aree di povertà socioeconomica», anche se questi fattori, continua la dichiarazione, non spiegano tutte le differenze, e rimangono «altre cause da identificare».

Un altro elemento che si ritiene possa concorrere a un simile rapporto tra vittime e numero totale di individui per gruppo è che le persone Bame sono sovra-rappresentate nelle professioni mediche e paramediche e, in generale, dove c’è maggiore esposizione e contatto con il pubblico: professioni come gli autisti di autobus o i tassisti. L’alloggio è anche un elemento dirimente, giacché il sovraffollamento domestico tra famiglie di origine europea è del 2% mentre è rispettivamente del 30%, 16% e 12% per famiglie del Bangladesh, Pakistan e caraibiche. Ma si dovrebbe anche tenere conto della cosiddetta “co-morbilità:” ad esempio, che i cittadini britannici di origini pakistane o del Bangladesh rischiano dalle tre alle quattro volte più della popolazione di origine europea di ammalarsi di diabete in giovane età, fattore questo non preso in esame dallo studio Ons.

È un dato che spazza via l’urticante narrativa secondo cui il virus sarebbe un grande fattore equalizzante, rimbalzata di continuo nei media sociali e di massa soprattutto durante la degenza ospedaliera del premier Johnson e che rispecchia simili rilevamenti che arrivano dagli Usa.

Continua nel frattempo la gestione travagliata dell’emergenza sanitaria e della sua comunicazione da parte del governo: lo stesso Johnson è sotto pressione per comunicare un graduale rilassamento del confinamento sociale, annuncio atteso domenica. Il paese – che com’è noto ha superato l’Italia in numero di vittime – ne contava ieri 30.615.