Le «riparazioni» del gasdotto NordStream1 dalla Russia alla Germania via Mar Baltico dureranno più a lungo del previsto: dall’11 al 21 luglio Gazprom chiude il rubinetto.

La Russia usa l’arma del gas a fondo, tenendo conto però della diversa importanza e peso politico dei Paesi europei. . Già aveva ridotto del 40% gli arrivi in Germania e bloccato le forniture a fine aprile a Bulgaria e Polonia – tagliate a questi due Paesi senza scuse di «riparazioni» -, mentre l’Europa nel 2021 era dipendente per più del 40% dal gas russo (con differenze tra paesi).

Il governo tedesco si aspettava da un momento all’altro il colpo delle ulteriori «riparazioni». L’Unione europea, che ha già varato sei pacchetti di sanzioni alla Russia, ha colpito, a termine, per quanto riguarda l’energia, carbone e petrolio, ma per il momento non ha ancora toccato il gas (già sul petrolio c’è stato il freno dell’Ungheria).

MENTRE PUTIN USA, «differenziando», l’arma del gas e i Paesi Ue cercano di riempire i serbatoi per non restare al freddo, il prossimo inverno, la bandiera della Ue sventola da ieri nell’aula del Parlamento a Kyiv, accanto a quella ucraina. «Era il mio sogno, è diventato realtà», ha affermato il presidente del parlamento, Ruslan Stefanchuk, che ha aggiunto: «l’Ucraina la merita».

Volodymyr Zelensky si è rivolto alla Ue: «Adesso siamo più vicini», è «un grande onore, una grande responsabilità», ma «abbiamo percorso 115 giorni per ottenere lo statuto di candidato e il nostro percorso non dovrà durare decenni, dovremo intraprendere la strada rapidamente».

Ieri la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, si è rivolta ai deputati ucraini via video: «I prossimi passi sono alla vostra portata» ma ha messo in guardia, «richiederanno in duro lavoro, determinazione e, soprattutto, unità di intenti».

Von der Leyen sottolinea le tappe del percorso: accelerare le riforme sulla lotta alla corruzione, sulla giustizia, sulla diminuzione dell’influenza degli oligarchi, sulla libertà del media.

L’Ucraina e la Moldavia hanno battuto un record, la domanda di candidatura alla Ue è stata presentata il 28 febbraio, 4 giorni dopo l’aggressione russa, ed è stata accettata il 23 giugno, 4 mesi dopo (per la Serbia ci sono voluti 3 anni, dal 2009 al 2012). Ma la Ue ha subito messo in guardia sui tempi lunghi dell’analisi dei 35 capitoli dell’adesione.

IL PRIMO GROSSO OSTACOLO è la corruzione. L’ong Transarency International ha classificato l’Ucraina tra i paesi più corrotti dell’ex area sovietica, fanno peggio solo Russia e Azerbaijan. «Avete creato un’impressionante macchina anti-corruzione» ha concesso Ursula von der Leyen, del resto Zelensky si è fatto eleggere nel 2019 su questa promessa.

«Ma adesso queste istituzioni hanno bisogno di rafforzarsi» ha precisato la presidente della Commissione: la Ue chiede una riforma della Corte costituzionale che integri i principi della commissione di Venezia, la revisione della controversa legge anti-oligarchi, che è di stampo populista perché a decidere chi è «oligarca» è il presidente Zelensky, anche se l’Ucraina è il solo paese della Partnership orientale della Ue ad avere una legge del genere, c’è bisogno di «un approccio più legale».

DI TUTTE QUESTE QUESTIONI di legalità e anti-corruzione si parlerà alla conferenza di Lugano sull’Ucraina, il 4-5 luglio. Non è una conferenza dei donatori, ma sul tavolo, dopo l’aggressione russa, c’è evidentemente la questione la questione della ricostruzione, anche se l’appuntamento di Lugano era stato deciso prima dell’aggressione russa, per parlare di riforme e anti-corruzione.

A Lugano, Zelensky sarà collegato via video, mentre dovrebbe partecipare in presenza il primo ministro, Denys Chmyhal, sono rappresentanti di 38 paesi e 350 imprenditori, accanto a Ursula e la Repubblica ceca, che da ieri ha la presidenza della Ue, dopo la Francia. Con la presidenza francese c’erano stati momenti di tensione, quando Emmanuel Macron ha ricordato che i tempi per diventare membro della Ue possono durare “decenni”.

IL GOVERNO CECO, a metà strada tra la Polonia decisamente anti-russa e l’Ungheria di Orbán (il gruppo di Visegrad è ormai esploso), frena sull’idea di Macron di dare vita a una Comunità politica europea (Cpe), che dovrebbe riunire «dall’Islanda ai Balcani» tutti i Paesi non dell’Unione europea (non ancora membri o che non intendono esserlo) per discutere dei problemi comuni.

All’est e tra i paesi della Partnership orientale viene vista con sospetto, come una strada senza uscita per evitare l’accoglienza a piano titolo nella Ue. Il 6-7 ottobre, la presidenza ceca organizza a Praga il primo incontro della Cpe, ma senza le ambizioni francesi. Intanto, ieri la Ue ha versato il primo dei 9 miliardi di aiuti macro-finanziari alla Ucraina, approvati al Consiglio europeo di fine giugno.